Comune è l’aggettivo che ritorna più spesso quando si parla del film A.R.: una vita simile a molte altre, costellata di rapporti problematici, insoddisfazioni e assilli quotidiani, narrata con i toni della commedia appena macchiata di amarezza. Anche i luoghi in cui si muovono i personaggi sono comuni, e spesso per chi frequenta Modena riconoscibili: il vagone di un treno regionale, il portico del Venturi, lo Stile Libero in Pomposa, alcune vie cittadine.
Ciò che non è affatto comune è la storia che c’è dietro a questo film: un progetto nato quasi per scherzo davanti a un chinotto e a del buon vino rosso nell’ottobre 2014 in un bar di Modena, quando Stefano “Cocco” Covili, Sergio Giacomini e Monja Macchioni iniziarono a concepire l’idea di trasformare l’esperienza teatrale di “Pastafrolla”, a cui avevano dato vita e visibilità negli anni precedenti, in un lungometraggio. Un’operazione ambiziosa, un lavoro immane e la necessità di trovare soluzioni creative ad ogni ciak per mantenere il budget ridotto all’osso: aspetti che avrebbero potuto scoraggiare i tre amici che invece, armati di una intrinseca dose di follia, si rivolsero a Massimo Menchi per chiedergli di dirigere il film.
Nell’anno successivo la riscrittura della sceneggiatura, la ricerca di uno spazio per le prove, il casting degli attori, la scelta dei luoghi: a settembre 2015 il primo ciak, a inaugurare tre mesi di riprese ad ogni weekend, poi i lunghi mesi di montaggio ad opera di Stefano e Massimo, e, a due anni e mezzo da quella prima serata autunnale, ora il film esce all’Astra.
Tutti i numeri del progetto, i dati tecnici, gli storyboard e i racconti di ogni giornata di riprese sono stati riportati in tempo reale sul sito dedicato al film, in modo da fornire aiuto e consigli a chi abbia il desiderio di concretizzare un progetto similmente folle. E locandine e scatti dai set pubblicati sui social hanno contribuito a far crescere la curiosità di scoprire ciò che sta dietro le due lettere del titolo.
“A. e R. sono le iniziali del nome del protagonista: un nome comune per un uomo comune, Andrea Rossi” spiega Stefano Cocco Covili, che ha curato montaggio, casting ed è aiuto regista di questa piccola ma ambiziosa creatura. “La scelta di lasciare le iniziali nel titolo fa sì che si possa anche interpretare come Andata e Ritorno: in effetti il percorso che Andrea compie è un percorso per ritrovare se stesso, per ritornare al suo io più vero” aggiunge Massimo Menchi, regista del film. “È la guarigione di una persona che è persa in una vita che non è la sua; a un certo punto gli crolla il mondo addosso sotto forma di un attacco di panico e da questa frattura ha inizio il suo cambiamento” dice Sergio Giacomini, autore di soggetto e musiche originali. Fuori dalla rete di relazioni critiche che circonda il protagonista e che contribuisce al suo esaurimento nervoso, appare a questo punto una figura nuova e fresca: una terapeuta speciale, una sorta di figura sciamanica decisamente sopra le righe, che assegna ad Andrea dei compiti e delle prove che avranno esiti sorprendenti. La seconda vita che il protagonista conquista per sè ha un fulcro del tutto nuovo: la pittura come momento elettivo di connessione con l’interiorità, lontano dal rumore di sottofondo costituito dalle voci e dalle richieste degli altri. Il film stesso è frutto di una moltitudine di momenti sottratti alla routine delle vite dei molti che vi hanno preso parte e investiti in un progetto creativo che è, nella sua stessa trama semplice e umile, un monito a non lasciarsi soffocare dalle spire del quotidiano.