Le celebrazioni della festa del Primo Maggio quest’anno saranno di fatto molto diverse dal solito: non potremo trascorrere tempo in compagnia degli amici, magari sotto al palco in una piazza ad ascoltare i nostri gruppi preferiti. Questa sorta di “festeggiamento rituale”, a cui tutti siamo più o meno legati, è abbastanza recente e, per trovarne traccia, basta tornare alla Roma del 1990, quando in piazza di San Giovanni in Laterano si svolgeva il primo concerto organizzato appositamente per questa occasione. Per indagare invece sul senso più profondo di questa giornata il salto diventa oltre che più lungo in termini di tempo, anche un po’ più impegnativo in termini di contenuto.
1 maggio 1867
Chicago. Illinois. Stati Uniti. Rivoluzione Industriale.
Entra in vigore la prima legge delle otto ore lavorative giornaliere e quello stesso giorno viene organizzata un’importante manifestazione, con almeno diecimila partecipanti: la notizia fa il giro del mondo.
1 maggio 1886
Nell’ultimo giorno valido per estendere la legge a tutti gli Stati Uniti, pena l’astensione dal lavoro, inizia uno sciopero generale a cui aderisce anche la città di Chicago. La forte tensione causa una repressione da parte della polizia che spara sui manifestanti uccidendone due e ferendone diversi altri.
4 maggio 1886
La protesta culmina con il primo attentato alla dinamite nella storia degli Stati Uniti: una bomba provoca la morte di sei agenti e almeno una cinquantina di feriti. La polizia risponde sparando sulla folla, causando una conta imprecisata di vittime. La notizia dei tragici eventi di Chicago fa il giro del mondo.
Il Primo Maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento.
Incipit dell’articolo Per primo maggio, uscito sulla rivista La Rivendicazione, pubblicata a Forlì il 26 aprile 1890.
Il Primo Maggio è la Festa dei Lavoratori.
È una giornata istituita per ricordare e ricordarci di tutte le lotte per i diritti dei lavoratori, iniziate con la conquista di una cosa che oggi sembra quasi scontata, le 8 ore lavorative, ma che proprio oggi non devono perdere di forza e portate avanti con lo stesso impegno. Proviamo quindi, anche solo per un attimo, ad andare oltre il rammarico di non poter bere una birra con gli amici ascoltando buona musica.
In questo ultimo periodo con MoCu abbiamo incontrato tante persone e realtà e, a tutte loro, i lavoratori della Cultura, va il nostro pensiero: ad un settore completamente paralizzato dallo scorso 24 febbraio, a quelli senza un contratto stabile, liberi professionisti o lavoratori a chiamata. Dei frutti e delle opere della cultura usufruiamo e godiamo quotidianamente e, molte volte, gratuitamente o a prezzi irrisori, anche grazie al prezioso lavoro di associazioni, circoli culturali e a finanziamenti di enti locali e non. Un settore di cui è necessario riconoscere il profondo valore sociale, e che ha fatto i salti mortali per ingegnarsi, reinventarsi e non lasciarci soli nelle nostre case neppure in questo momento storico così particolare.
Con MoCu continueremo di certo a dare voce a questo universo, a farvelo conoscere attraverso le storie dei suoi protagonisti e attraverso la nostra personale visione anche e soprattutto perché riteniamo sia necessario proseguire verso un profondo cambiamento. La Cultura è una parte fondamentale delle nostre vite e delle nostre città e noi tutti abbiamo il dovere di imparare a valorizzarla, non solo con la partecipazione attiva e con i bei discorsi, ma riconoscendo a chi sceglie ogni giorno di impegnarsi per non farla morire, la professionalità e il valore che gli spettano.
Abbiamo il dovere di riconoscere loro il diritto di essere lavoratori.