Si chiama Francesco Cavicchioli è modenese, figlio d’arte (il padre Sandro aka Dj Alex era un dj dello Snoopy anni ’70 e l’ha appassionato all’ascolto della buona musica) ha 34 anni, lavora come organizzatore / Pr nei locali notturni da molti anni; insieme all’amico Max, hanno aperto “Clic Tattoo – la boutique” sempre a Modena, che è anche il luogo dove ci incontriamo per l’intervista.
È un personaggio amato da molti e per molti anche un personaggio controverso ma questo non lo preoccupa più di tanto… come anche la storia di essere un “discotecaro”, per questo motivo e anche per altri ho sempre avuto voglia di andare a conoscerlo e di cercare di andare oltre le apparenze e di capire cosa si muove nella testa di un ragazzo con la passione della musica.
Organizza insieme al suo team sia la one night Pathfinder e dal 2015 una serata più “pop” ovvero Bubble, quest’anno ha organizzato un minifestival di musica molto interessante ovvero “Mutaforma” dove ha fuso varie anime, dalle sonorità 80’s early 90’s da Chicago di Lil Louis al suono funky house degli americani SoulClap alle sonorità Tech/jazz dell’italiano Volcov.
Sul mio rimarcare, che sta facendo delle buone cose per questa città lui mi dice:
“A dir il vero ho dovuto fare due passi indietro, ho dovuto plasmarmi alla situazione, perché la scena clubbing in Italia è ancora difficile da far capire, causa l’ignoranza musicale che regna sovrana. In Italia è ancora forte la tradizione cantautorale e quella del bel canto è un dato di fatto, invece la musica elettronica/house ha sempre fatto molta fatica a penetrare nell’immaginario collettivo, forse per tanti fattori, tra cui quello molto rilevante di essere definita e associata ai lati oscuri della notte, le droghe, le stragi del sabato sera.
Quando poi si va in discoteca per molti è la scusa solo per sballarsi e non per ascoltare della buona musica… Io invece la vivo in maniera diversa, giro molto per festival e dancefloors, in situazioni che trovo “positive” e pulite e cerco di portare questo messaggio anche qui a Modena… ovvio si fa fatica a livello finanziario sostenere sempre questi eventi ma ci credo anzi ci crediamo e li portiamo perché siamo i primi a credere che bisogna cambiare la mentalità del pubblico modenese e non solo modenese.”
Secondo te con realtà come Elita o Club To Club, che stanno facendo un lavoro molto interessante di edutainment (ovvero di unire il concetto di educazione e intrattenimento) l’offerta e la richiesta di club si è molto di più ampliata? Negli anni ’80 con il Graffio, la mappatura del clubbing era molto più ristretta inoltre dal punto di vista semantico ad esempio il Graffio lo comunicavamo come discoteca, pur essendo in realtà un club/centro sociale, perché se lo chiamavi club, la gente pensava che fosse uno strip tease club 🙂
“Infatti è per questo che ho dovuto fare due passi indietro qui a Modena, all’inizio con Pathfinder siamo andati belli spediti, in collaborazione con Andrea Vallisneri il collettivo Creep e Sergio Mannino, cercando di portare a Modena, della qualità, sapevamo anche che certe proposte era difficili, ma ci abbiamo provato lo stesso, anche perché la gente si fida di noi e pian pianino, abbiamo cercato di portarla su suoni più complessi, e abbiamo anche cercato di far passare il messaggio che la nostra era una visione positiva del clubbing e che per forza non c’era solo il ragazzino ubriaco o drogato ma che invece l’atteggiamento giusto per il nostro pubblico era arrivare nel club in maniera open mind, sentire una proposta musicale che non avevo mai sentito, divertirmi, socializzare e cercare poi di approfondire in altra sede, queste sonorità. È per questo che a Pathfinder non abbiamo mai dato una direzione secca, ovvero siamo passati dalle sonorità sperimentali a quelle più mainstream, io ascolto un po’ di tutto e anche il mio atteggiamento è sempre eterogeneo nelle scelte artistiche delle serate, grazie anche ai consigli di amici come Uovo / Memoryman aka Cristiano Rinaldi o ai ragazzi di Fragola di Firenze.
Quest’anno ad esempio ci siamo inventati una sera con sonorità più facili che abbiamo chiamato “Bubble” che è un progetto a lunga gittata, ma dove per ora stiamo proponendo durante le serate musica house anni ’90 con un mood molto facile, che in tutti i modi per le nuove generazioni è un suono tutto ancora da scoprire e che non ha nulla a che fare con le sonorità degli ultimi 10 anni, stiamo cercando di avvicinare un pubblico abituato all’EDM a sonorità più evocative.”
In questo lavoro quanto conta l’informazione?
“È un lavoro difficile e un processo lento, mal supporto dal mondo che ci circonda: i media prima di tutto, o le radio commerciali o le webradio italiane che non dedicano spazi alle nuove sonorità… Cerchiamo di portare nelle nostre proposte della qualità e speriamo di raggiungere sempre più persone con questo atteggiamento.
L’informazione sembra che viaggi veloce sui social, ma pare che non sia così, quanti a Modena conoscono le proposte di ClubToClub o di Elita? Pochi ! E non sanno quanto ci sia di interessante in queste realtà che fondono musica, cultura, socializzazione. Certo esiste l’informazione alternativa, ma i quotidiani o i magazine popolari, non raccontano oppure le relegano a semplice notizie. In Italia siamo ancora legati al rapporto costi e ricavi…e fare cassetto con proposte innovative è sempre molto difficile.”
A livello economico è interessante lavorare nel clubbing?
“Va detto che non tutti possono vivere con questo lavoro, io ci riesco, ma molti miei soci hanno un po’ mollato il colpo, causa l’impossibilità di potersi finanziare con le serate.
Ho sempre cercato di coinvolgere le persone che hanno la passione della musica. Mi piace stare in mezzo alla gente, c’è sempre qualcosa di imparare. Ad esempio Carlo Alberto Pattuzzi mio partner della mia parte “commerciale” mi ha insegnato molte cose che indubbiamente, noi che lo facciamo più per passione, sfuggivano, logiche legate al business che a volte sarebbe giusto applicare.”
Ma a te va stretto il termine Pr, perché secondo me sei qualcosa di più che un Pr?
“Io mi definisco un Pr vecchio stampo, a me piace stare in mezzo alla gente, carpirne gli umori, mettere in moto anche un sistema per cui, l’esperienza che mi interessa tu viva con me, te la trasmetto e te la faccio capire anche a voce. Se tutti in generale ascoltassimo più musica sicuramente staremmo molto meglio…”
Parliamo di spazi, come è la situazione a Modena?
“Ad esempio per Mutaforma, abbiamo cercato un dialogo costruttivo con il Comune di Modena, che però ci ha chiuso le porte e un eventuale possibilità di dialogo… È un problema quando vado a parlare con l’assessore alla cultura e solo perché sono tatuato mi tratta come fossi un alieno, perciò il dialogo diventa molto complesso. Capisco che è un problema di sensibilità… e anche di pochi agganci politici.”
Secondo te c’è bisogno di costruire dei networks a livello nazionale per migliorare l’offerta?
“Noi siamo collegati ad alcuni organizzazioni sia su Napoli che su Firenze: vedi i ragazzi di Fragola che organizzano Sunflower, che per me è una vera festa all’italiana! Un luogo dove vai ascoltare buona musica ma ci si va anche per il bellissimo contorno che anima e crea condivisione. Però sento che c’è ancora molto da fare, il lavoro è ancora lungo e pieno di insidie.”
Esiste per te un festival che pensi possa essere ispirazionale?
“Da 9 anni vado al Sonar, e credo che sia quello il format giusto da esportare, un posto dove vedo famiglie con i bambini che per proteggersi dai suoni forti gli mettono le cuffie antirumore. Dove si uniscono diverse esperienze, diversi modi di parlare di musica e d’arte, è una formula giusta per far arrivare la club culture a più persone.”
Per la prossima stagione?
“Ritornerà Pathfinder con alcune serate, tornerà Bubble e sicuramente rifaremo il festival Mutaforma!”