I musei non sono solo luoghi di contemplazione dell’arte: molti di essi esprimono il grande legame che hanno con il territorio e cercano di trasmettere visitatori la curiosità della scoperta. Il Museo della Bilancia è uno di quei luoghi nei quali si entra spinti dalla curiosità di sapere cosa ci può essere in un museo con questo nome, e ci si torna perché ogni attività tramanda ogni volta informazioni nuove. Per la mia formazione questo è stato un luogo fondamentale e ho voluto fare alcune domande a Maurizio Salvarani, direttore del Museo, riguardo l’attuale situazione di stallo delle attività culturali.
Ciao Maurizio. Come avete vissuto al Museo questo blocco delle attività?
Purtroppo con questa emergenza tutti gli eventi e le attività sono ferme e il Museo ora è molto diverso da come siamo abituati a conoscerlo. Il tutto è un pò strano. Questa chiusura è abbastanza pesante perché le visite guidate delle scuole, una parte fondamentale del nostro lavoro, sono ferme, e si sono fermate anche le rassegne domenicali come la Domenica al museo e Magica scienza.
Inoltre, il concorso nazionale Il peso delle idee, che si svolge proprio in questo periodo, dovrà essere rimandato a settembre dato che le scuole sono chiuse e mancano i tempi tecnici per inviare i progetti. La cosa positiva però è che continuiamo a lavorare perché abbiamo dei progetti in corso.
Nel momento in cui avete capito che la situazione non sarebbe tornata alla normalità in breve tempo, avete iniziato a pensare a qualche strategia per reagire e limitare i possibili danni?
Stiamo ragionando su questo insieme all’Amministrazione Comunale e all’Associazione Libra 93che gestisce il Museo.
Fortunatamente non ci occupiamo solo di attività educative, ma anche di ricerca in campo storico e, a questo proposito, abbiamo appena dato alle stampe un nuovo volume intitolato Spade e stadere. Su quel versante continuiamo a lavorare e stiamo iniziando la promozione del libro, che arriverà entro la fine del mese.
Per quanto riguarda le strategie, vogliamo seguire le indicazioni del Ministro Franceschini che invita tutte le istituzioni culturali a non fermarsi e ad usare le nuove tecnologie. Questo non è semplicissimo per una struttura come la nostra, ma ci stiamo attivando in questo senso creando qualche intervento di tipo digitale come, ad esempio, delle pillole video nelle quali i collaboratori del Museo faranno vedere alcune delle nostre attività, sia legate ai beni esposti che alla divulgazione scientifica e tecnologica.
Questa è una cosa molto interessante, ed è il punto centrale di ciò che sta accadendo ora: i musei percepiscono il valore della comunicazione digitale e realizzano cosa si può fare quando il pubblico non va al museo. Sei d’accordo?
Sì, anche se per musei piccoli come il nostro è ancora un po’ impegnativo aggiornare il sito e i social in maniera così costante. Sicuramente serve una formazione adeguata e una coerenza di fondo che esprima l’essenza del Museo e del canale di comunicazione. Secondo me serve una linea editoriale coerente che dia una certa immagine e questo non può essere improvvisato.
Mi pare di capire che questa situazione vi abbia dato l’occasione di sviluppare una riflessione che in un altro momento avreste affrontato in modo diverso.
Sì certo. Un altro fattore fondamentale è stato il ruolo di coordinamento dell’Istituto Beni Culturali della regione Emilia Romagna, che ha messo a disposizione delle istituzioni culturali una serie di piattaforme digitali atte a valorizzare i contributi che vengono creati spontaneamente attraverso le nuove tecnologie.
Questo, a mio parere, è un atto molto forte e prezioso perché uno dei rischi è che i vari musei si muovano in modo “anarchico”, anche con delle bellissime iniziative, ma che poi non sfociano in un sistema e rischiano di perdersi. Questa iniziativa invece può essere davvero l’inizio di una strategia condivisa dalla Regione che consente anche una coerenza di fondo del progetto, diventando una cassa di amplificazione delle iniziative dei singoli musei.
Quali sono state le reazioni da parte del vostro pubblico?
Purtroppo avevamo un calendario molto pieno, ci sono state tantissime disdette da parte delle scuole, che però hanno chiesto informazioni per recuperare le attività, eventualmente ospitando i laboratori in classe senza venire in gita al Museo.
Avevamo anche una serie di appuntamenti già fissati e che abbiamo dovuto disdire: un’importante visita del Touring Club Emilia Romagna o molti Compleanni al Museo dove proponiamo attività per bambini di caccia al tesoro e esperimenti all’interno del Museo.
Fortunatamente il nostro pubblico è molto reattivo e alcuni hanno già preso l’impegno per l’estate con l’intento di recuperare gli eventi.
Secondo te si può fare cultura senza uno spazio fisico dove accogliere il pubblico?
La cultura si può certamente fare anche a distanza. Per quello che riguarda il lavoro che faccio io, legato al Museo, a mio parere il fine ultimo rimane sempre quello di costruire il patrimonio in forma concreta.
La promozione digitale va bene e può dare tanta conoscenza, ma la natura delle nostre collezioni è fortemente radicata nel territorio e molti oggetti esposti sono strumenti di lavoro che nella maggior parte dei casi si possono toccare. La possibilità di toccare questi oggetti è un valore aggiunto che si può avere solo nel momento della visita fisica. L’obiettivo finale per il nostro Museo rimane sempre quello di fruire in maniera concreta di questi oggetti.
Penso però che le due strade possano andare a braccetto e che la possibilità di fruire anche virtualmente delle cose è sempre interessante. Sicuramente è una cosa su cui iniziare ad investire.