Dopo oltre due mesi di lockdown le attività stanno lentamente tornando alla normalità e anche i musei hanno aperto di nuovo le porte al pubblico in una data emblematica: il 18 maggio, la Giornata Internazionale dei Musei. Continuiamo a chiederci come sarà la vita culturale delle nostre città dopo la riapertura delle attività museali e come cambieranno le modalità di visita, i sistemi di sicurezza da adottare, ma soprattutto, continuiamo ad interrogarci su chi andrà al museo. L’intervista a Giovanna Caselgrandi, Direttrice dei Musei del Duomo di Modena, e Francesca Fontana, curatrice presso Musei del Duomo e Fondazione Modena Arti Visive, non dà risposte certe, ma sicuramente fa emergere un’ulteriore domanda: abbiamo pensato a quei musei che ora non riusciranno a riaprire?
I Musei del Duomo sono un ente molto importante per Modena: qual è la loro natura e il ruolo che svolgono?
Giovanna: La storia di questo museo è strettamente intrecciata con quella della Cattedrale dato che una delle sue sezioni più importanti, il Lapidario, si è formata durante i lavori di restauro del Duomo avvenuti agli inizi del Novecento. Inoltre, esso custodisce il Tesoro della Cattedrale e le testimonianze artistiche nate dalla devozione dei modenesi nel corso dei secoli nei confronti del loro patrono, San Geminiano.
Il periodo di lockdown ha fatto emergere alcune significative problematiche del sistema culturale. Quali sono le vostre riflessioni sui temi emersi dal panorama artistico e, nello specifico, sul significato che ha avuto la cultura in questi mesi?
Giovanna: Questo particolare periodo ha messo in risalto il fatto che la cultura, in senso generale, ed il culto, siano considerati dalla società occidentale i due aspetti della vita dell’uomo più facilmente “sacrificabili”; i primi luoghi ad essere chiusi sono stati scuole, musei e chiese e sono stati o saranno anche tra gli ultimi a riaprire.
Conseguenza di questa forma mentis è che gli investimenti in questi settori sono sempre stati molto limitati, soprattutto per quanto concerne il personale, pur con la disponibilità di tanti validi giovani che vorrebbero impegnare qui le loro forze.
Ovviamente ci sono stati anche aspetti molto positivi: grazie a questo blocco abbiamo potuto dedicarci allo studio e alla ricerca, cosa che dovremmo fare sempre e per la quale non abbiamo mai tempo perché le questioni organizzative finiscono con l’avere la priorità. Inoltre, in conseguenza dell’interesse suscitato dalla mostra sulle reliquie e i reliquiari conclusasi a gennaio, siamo riuscite a scrivere un libro sull’argomento che contiamo di pubblicare a breve nell’ambito della collana Figurae dedicata ai temi del Duomo.
Il mondo dell’arte si è aperto al digitale, in alcuni casi molto timidamente, in altri casi con grande forza e impatto. Voi come avete affrontato le nuove tecnologie?
Francesca: Abbiamo approfittato del periodo per curare maggiormente i nostri canali social. Il museo era già presente sui principali social network, ma mancando la figura del social media manager, questi venivano aggiornati nei ritagli di tempo, senza una programmazione precisa. Nel periodo di lockdown abbiamo potuto dedicarci con più assiduità alla creazione di post, con contenuti e formati molto diversificati: a volte ironici e leggeri, a volte più formali e didattici, rivolti sia a bambini che ad adulti. Questo ci ha consentito di aumentare le visualizzazioni delle pagine e di diffondere la conoscenza del patrimonio del Duomo e dei Musei. Alcuni post sono diventati virali: uno ha avuto oltre 1800 condivisioni e ha raggiunto più di 250.000 persone.
Dopo più di due mesi di chiusura forzata i musei potranno riaprire, ma in molti si chiedono: come? I Musei del Duomo sono pronti a questo nuovo inizio?
Francesca: La situazione è critica per tutti e ora fatichiamo a immaginare che da altre città abbiano la voglia o la possibilità di spostarsi per visite turistiche, ma dipenderà tutto da come evolveranno le cose.
Quasi certamente non riusciremo a garantire i giorni e gli orari di apertura precedenti al lockdown; dobbiamo valutare attentamente i costi di gestione e considerare che gli incassi saranno alquanto ridotti rispetto a prima, perciò stiamo pensando a eventuali aperture solo su prenotazione. Inoltre, bisogna tenere presente che il nostro museo è supportato dal prezioso lavoro di circa una ventina di volontari e in questa fase ancora incerta non potremo contare sul loro appoggio.
Il governo ha stanziato ingenti fondi dedicati alla cultura e alla sua ripartenza. Nonostante la difficoltà dei Musei del Duomo per la riapertura, state già pensando a nuovi progetti per mantenere vivo lo spazio o puntando ancora una volta sulla digitalizzazione?
Francesca: Pur non essendo affatto chiuse nei confronti delle nuove tecnologie e della digitalizzazione, crediamo molto nel rapporto diretto con l’opera originale, ed è su questo che vorremmo puntare.
Oggi si tenta in ogni modo di avvicinare le opere al pubblico attraverso schermi o proiezioni: ben vengano tali supporti, nella misura in cui aiutano ad approfondire e a diffondere la conoscenza. Siamo però convinte che il museo non debba per forza “attualizzare” in tutto e per tutto il patrimonio che contiene – prodotto di un’epoca e di un contesto diversi dai nostri – per renderlo più familiare al pubblico, ma che il suo ruolo sia, al contrario, quello di educare il pubblico alla comprensione del patrimonio. Il bello di un museo sta proprio nel fatto di essere un luogo diverso da quelli abitualmente frequentati, dove possiamo prenderci il tempo di contemplare un quadro, un arazzo o una scultura e mettere da parte per un’ora o due la fretta, il consumo veloce, compulsivo e superficiale.
Qual è il futuro dei Musei del Duomo?
Francesca: I Musei saranno interessati da un ampliamento degli spazi espositivi: non appena il progetto riceverà l’approvazione definitiva della Soprintendenza, chiuderanno per l’avvio dei lavori. Stiamo studiando una serie di proposte che ci consentano di mantenere vivo il rapporto con il pubblico anche durante la chiusura. In generale ci piacerebbe che i nostri concittadini considerassero i Musei del Duomo come i “loro” musei: un luogo familiare e di tutti che conserva e tramanda importantissime testimonianze della storia di Modena e della sua Cattedrale.