Così questo paese, dove non sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi molto.
Cesare Pavese
In questi mesi abbiamo sentito spesso parlare di “Piccola Italia” in riferimento a qualcosa da riscoprire e valorizzare, eppure ci siamo sempre stati. Città, famiglie e istituzioni da anni cercano di preservare l’autenticità e la sopravvivenza del nostro Paese attraverso il turismo, la cultura, il commercio e l’artigianato. Se ci pensiamo anche la nostra bella Regione si regge su piccoli contesti: la zona sud della Via Emilia è un insieme di piccole città che insieme hanno saputo rendere celebre le nostre terre non solo per quel geniale luogo sempre all’avanguardia che chiamiamo Riviera. “Piccola Italia”, sebbene il nostro immaginario a volte ce la restituisca così, non significa passato o immobile, anzi, tanti sono i paesi che hanno saputo e sanno ospitare al loro interno originalità e impulso verso il futuro, rielaborando in chiave contemporanea il proprio patrimonio e il proprio vissuto.
Secondo le disposizioni dell’ultimo Decreto del Governo, dal 18 maggio potranno nuovamente aprire anche i Musei, non solo i più celebri e famosi, ma anche quei luoghi senza tempo che spesso si affacciano su una piccola piazza o all’interno di un Castello. In merito a questo oggi su MoCu ospitiamo una riflessione insieme ad Alessandra Anderlini, alla quale ho avuto il piacere di porre alcune domande.
Alessandra Anderlini è stata per diversi anni gallerista e critica d’arte indipendente. Ha curato numerosi progetti culturali ed artistici in giro per l’Italia. Dal 2010 al 2015 è stata Direttrice di Poesia Festival. Dal 2012 è Direttrice del Festival d’arte di Strada Mercurdo – Mercato dell’Assurdo. Attualmente lavora presso l’ufficio Cultura del Comune di Castelvetro ed è Direttrice del Museo ROSSO GRASPA – Museo del vino e della società rurale (ve ne avevamo parlato anche in occasione della sua inaugurazione).
Che significato ha un piccolo museo nella società in cui viviamo?
Le istituzioni museali hanno una potenzialità straordinaria, sono cuore e memoria della nostra civiltà e possono essere agenti sociali molto importanti purché, oltre ai compiti di conservazione e valorizzazione delle collezioni, pensino a sé stessi non come mausolei ma come laboratori d’idee e di forme, centri dinamici altamente propositivi.
In modo più specifico, i piccoli musei sono preziosi non perché sono grandi musei in scala ridotta (quindi di valore minore), bensì tasselli che assieme a molti altri costituiscono il gran mosaico del patrimonio culturale dell’umanità. Chiaro è che il piccolo Museo appartiene in modo più diretto ad uno specifico territorio, ad una data comunità.
Noi siamo la nostra memoria, noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti, questo mucchio di specchi rotti.
Jorge Luis Borges
Come agisce un piccolo museo con l’animo profondamente turbato dal dramma di un’emergenza sanitaria?
Ormai appare chiaro che la risposta della cultura alla crisi innescata dalla pandemia non può consistere, almeno in un primo periodo, nel ristabilire l’ordine precedente, ma nel crearne uno che prima non c’era. Una crisi obbliga sempre i sistemi a reinventarsi, ed è questo che devono fare tutti gli agenti della scena culturale.
Un piccolo museo è per sua natura basato sulle persone, sulla storia del luogo che lo ospita e sul potente legame con il territorio. È vocato a valorizzare le relazioni con le comunità locali ed è in grado di stabilire rapporti diretti con le persone che lo visitano. In conformità a queste caratteriste, il piccolo il museo è il candidato ideale a proporre un ampio spettro d’iniziative adatte a diversi pubblici: partendo dai suoi spazi, dalle sue collezioni, dai suoi contenuti può offrire esperienze originali perché legate alla sua specificità.
Il 18 maggio potranno riaprire i Musei. Un piccolo Museo come potrà essere valorizzato?
In questa fase d’apertura, in questo passaggio stretto ed incerto che ci porta ad una revisione dei nostri concetti di vita, viaggio e socialità, i piccoli musei possono diventare un soggetto di riferimento proprio perché sono vicini alle società che li accolgono, sono empatici e resilienti.
La prima risposta che dovranno dare è in merito alla sicurezza: il pubblico nel frequentarli dovrà essere e sentirsi sicuro; in questo senso saranno probabilmente applicati protocolli di sicurezza che consentiranno a piccoli gruppi e famiglie di visitare il museo in assoluta tranquillità grazie alla razionalizzazione degli spazi, alla possibilità di offrire orari prolungati o visite su appuntamenti.
La creatività e la specificità di ciascun piccolo Museo contribuiranno poi a produrre proposte e progetti differenti.
ROSSO GRASPA – Museo del vino e della società rurale sta lavorando in questo senso, agevolato dalla sua splendida location posta all’interno del Castello di Levizzano che già da solo varrebbe la visita. In un primo momento le nostre proposte si concentreranno sulla valorizzazione dell’eco-museo. Nato lo scorso anno come parte integrante del progetto di Rosso Graspa, l’ecomuseo permette ai visitatori di intraprendere dei cammini (sono tre quelli proposti) che consentono di verificare come il passato raccontato nel Museo si è evoluto nel paesaggio presente.
Una proposta culturale che trasforma il cammino tra i campi in pratica di conoscenza sincera e coinvolgente, che promuove un’idea di cultura a 360 gradi, capace di abbracciare arte, benessere e ambiente. Altre iniziative di narrazione, musica e benessere saranno programmate, se possibile, nella corte del castello.
Ma di là dalle singole iniziative quello che vorremmo trasmettere è che siamo attenti ai bisogni della comunità con cui interagiamo e c’impegneremo in modo attivo e responsabile nei confronti delle richieste che si presenteranno. Lo faremo con nostri strumenti, che sono quelli della cultura, perché crediamo che la cultura debba giocare un ruolo attivo nella società, nella politica e nell’economia, soprattutto in questo momento. Perché per dirla con le parole di Nina Simon che ha “inventato” l’idea di museo partecipato, “la cosa più importante è che noi siamo qui per voi, la nostra comunità“.
Essere comunità, essere comunità che accoglie.
Che pone quesiti, che prova a riflettere e ripensarsi.
Perché in fondo, se ci pensiamo, non dovremmo mai smettere di cercare.
Di dare un’opportunità al futuro anche quando il presente ci mescola le carte.
Ridistribuirle da capo.
E quindi? Esserci.