I musei sono aperti! Le attività piano piano riprendono e si adattano alle nuove regole, alle entrate contingentate, ai percorsi di visita quasi obbligati (eh sì, non potrete tornare sui vostri passi per vedere meglio quell’opera notata due sale prima). La cultura non si ferma, ma c’è una sezione importantissima del museo che non riesce a ripartire: la didattica. Ho intervistato Serena Goldoni, coordinatrice delle attività educative dei Musei Civici di Modena per le collezioni d’arte e del progetto “A scuola con l’Unesco”, per capire meglio cosa sta succedendo alla didattica museale.
Ciao Serena, quale è stato il percorso che ti ha portato al coordinamento delle attività educative dei Musei Civici?
Ho lavorato tanti anni nella Galleria Civica di Modena occupandomi in particolar modo di arte contemporanea, approcciandomi contemporaneamente alle attività educative. Un paio di anni fa, quando è andata in pensione la responsabile delle attività dei Musei Civici ne ho raccolto l’eredità.
Ora, insieme ad uno staff molto presente e volenteroso, mi occupo delle proposte educative per le scuole legate alle collezioni d’arte, perché una grandissima parte del nostro pubblico è rappresentata dalle classi che partecipano alle attività didattiche connesse agli ambiti artistici, archeologici ed etnologici dei Musei Civici di Modena.
Come avete affrontato il lockdown?
Chiaramente anche noi da fine febbraio siamo rimasti in sospeso proprio nel momento in cui eravamo pronti ad accogliere la stragrande maggioranza delle classi.
Oltre a quelle del comune di Modena avevamo già ricevuto tantissime iscrizioni di scuole da fuori comune e anche da fuori regione per le gite scolastiche, in particolare per il progetto “A scuola con l’Unesco”. Siamo stati, come tutti, per molto tempo fermi con grandissime incognite.
Che ruolo hanno la didattica e la partecipazione attiva delle scuole all’interno del museo, per eccellenza luogo di studio e insegnamento delle testimonianze?
La parte didattica per i Musei Civici è assolutamente fondamentale. Negli ultimi anni l’orario di apertura durante la settimana è sempre stato la mattina proprio per accogliere le classi e i ragazzi, che sono i nostri visitatori principali.
È importante perché i ragazzi che visitano il museo tornano a casa, raccontano e poi ritornano con le famiglie, con i nonni. Sono visitatori curiosi che amano raccontare ciò che hanno visto e le esperienze che hanno vissuto all’interno del museo.
Nonostante il guadagno non sia il nostro obiettivo, la portata di classi che vengono a trovarci incide parecchio, non solo per noi ma per tutti i musei. Basti guardare il Moma che ha dovuto chiudere temporaneamente il dipartimento educativo licenziando tutti i collaboratori. Ci si è resi conto che quella dell’educazione museale è una fetta davvero importante per far vivere i musei ancor di più.
Parliamo del futuro. Avevate certamente dei progetti attivi prima del lockdown, state lavorando per rimetterli in campo?
La situazione all’interno del museo è ripartita seguendo tutte le regole sulla sicurezza: abbiamo un ingresso contingentato di 10 persone, ogni mezz’ora e su prenotazione. Siamo riusciti a tenere aperte anche quelle mostre che non hanno fatto in tempo ad essere visitate, come “Anni molto animati” che era stata aperta pochissimi giorni prima del lockdown. È una mostra che aveva un progetto didattico mirato e che siamo riusciti a prorogare anche grazie alla disponibilità dei prestatori.
Oltre a questo, tutti i progetti didattici sono rimasti sospesi e al momento non riusciamo a progettare nulla che riguardi i laboratori perché stiamo definendo tutte le misure di sicurezza. Abbiamo sistemato e ripristinato il DIDA, il nostro laboratorio didattico al piano terra, aspettando il momento in cui saremo di nuovo pronti ad accogliere le scuole e continuiamo a rimanere in stretto contatto con Memo, dal quale ci arrivano tutte le iscrizioni delle scuole di Modena, per capire quali sono i percorsi alternativi che potremmo studiare da proporre alle classi.
So che avete l’idea di creare qualcosa di diverso, fruibile attraverso le piattaforme digitali. Secondo te come si adatterà la didattica a queste nuove esigenze e a che risultati porterà attraverso l’utilizzo di nuove modalità?
Al momento abbiamo sperimentato un piccolo laboratorio per la mostra “Anni molto animati”: un video tutorial dedicato alla creazione dei cartoni animati, con un’esperienza da poter realizzare da casa.
Per il futuro e per le scuole sono aperte tante domande. Siamo ben consapevoli che il museo non si può limitare a caricare dei video e dei tutorial e ad utilizzare metodologie come la didattica a distanza perché il nostro bisogno primario, nei limiti del possibile, è portare i bambini e i ragazzi all’interno delle sale per fargli vivere il museo come luogo della città e trasmettergli un senso di appartenenza molto forte. Gli strumenti che vorremmo adottare sono quelli che ci porteranno a reinventare i nostri percorsi o immaginarne di nuovi, anche in un dialogo molto stretto con gli insegnanti, in base a quello di cui la scuola avrà bisogno.
Tutto si può cambiare e modificare, ora stiamo facendo ipotesi e creando tante soluzioni. Nel momento in cui avremo la possibilità di avere delle risposte da parte del Ministero, della scuola o da altri enti di competenza noi ci siamo! Vogliamo essere più attivi che mai, quello che ci manca sono i ragazzi e i bambini. Sapendo gli sforzi che hanno fatto in questo periodo vorremmo poterli ripagare non solo attraverso uno schermo.
Riguardo la disponibilità di fondi per la creazione di queste nuove attività, avete avuto dei riscontri da parte del Comune di Modena? Come ha reagito a questa situazione?
Il Comune e l’Assessorato alla Cultura hanno dimostrato di avere tutta l’intenzione di mantenere attivo il ruolo che hanno i Musei Civici. Ovviamente si stanno interfacciando costantemente con la mia direttrice.
Per quanto ci riguarda, stiamo continuando a lavorare con le possibilità che abbiamo sempre avuto. La maggior parte dei nostri percorsi è sempre stata a pagamento, con un contributo assolutamente minimo, ed è chiaro che non ci possiamo permettere di fare proposte sempre solo gratuite, ma penso che sia volontà del Comune e dell’istituto scolastico continuare a far sopravvivere questi servizi che sono assolutamente fondamentali.
Ovviamente ci auguriamo di ampliare anche l’offerta delle attività, anche non esclusivamente dedicate alle scuole. Partiamo senza certezze, ma con molto entusiasmo, per creare tanti possibili scenari.
Quali sono queste offerte parallele?
Abbiamo molte attività che vengono svolte nel fine settimana, per le famiglie ad esempio. Sono attività che portano bambini e famiglie all’interno del museo e che approfondiscono determinati temi. Ad esempio, per “Anni molto animati” avevamo in programma, in collaborazione con Stefano Ascari, tre corsi di fumetto rivolti ai ragazzi e agli adulti, che avrebbero visto la partecipazione di fumettisti del calibro di Cristian Canfailla e Marino Neri.
Secondo te qual è la cosa più urgente da fare al momento, l’obiettivo a breve termine per la didattica museale?
Penso che sia davvero importante riuscire ad aprire un dialogo con la scuola, che è ciò che ci è mancato in questi mesi. Riuscire a capire quanto noi possiamo entrare nella scuola e quanto la scuola possa entrare nel museo. Avere i ragazzi fisicamente all’interno delle nostre sale è per noi un passo fondamentale, non tanto per una questione di pubblico, quanto per far tornare lo stupore, la curiosità della scoperta, del guardare, del toccare, del sentire e del vivere veramente questo luogo.
Quello che ci aspettiamo è, prima di tutto, avere delle certezze per cominciare davvero a focalizzarci su risposte e progetti mirati che potranno essere diffusi.