Esiste un linguaggio che semina odio, paura, sfiducia e che genera egoismo. Poi ne esiste un altro, opposto, che si prende quotidianamente la responsabilità di muovere al buon senso, alla comunità e che è materia da maneggiare con cura, perché contribuisce a creare una percezione costruttiva del tempo. Nel quinto e ultimo episodio della nostra raccolta di testimonianze di chi utilizza, nel suo lavoro o personalmente, questo secondo tipo di linguaggio, incontriamo Kiki Skipi: classe 1988 di Oristano, vive e lavora a Bologna come illustratrice e Street Artist.
I suoi alter ego, figure femminili, illustrano mutevoli personalità: frammenti di vita di donna, di ragazza di una bambina che prende per mano l’osservatore aiutandolo a scoprirsi.
Hai lavorato a qualcosa di particolare durante questo periodo storico?
Sto cercando di riprendere in mano progetti personali che avevo in sospeso da un po’: sistemare il portfolio, partecipare alle varie iniziative ed aste benefiche che si sono attivate in questi giorni ma anche cercare di non perdere i lavori che per causa di forza maggiore slitteranno, e speriamo sia solo uno slittamento.
Oggi siamo vittime di una infodemia: voci più o meno autorevoli sentono la necessità di condividere consigli e pensieri abusando di uno strumento che, se usato con i giusti criteri, ha un grande potere: il linguaggio. Fermo restando che la libertà d’espressione è croce e delizia della Democrazia e senza entrare nei meriti dell’assenza di un pensiero critico, secondo te, tutti questi contributi che fine faranno? Cosa resterà e grazie a cosa?
Non so a cosa di preciso tu ti stia riferendo, ma se si tratta dei social, e quindi del parlare a sproposito sui social da parte di chiunque su qualsiasi cosa, è sempre stato così: spero che in questo periodo di isolamento forzato, la gente abbia avuto il tempo di fare pulizie di “amicizie”, rendendosi conto di quanto alcuni pensieri e informazioni siano inutili.
Non avendo la tv in casa, non posso parlare di quello che viene detto o non viene detto, posso però assicurare che non avere la tv favorisce un ottimo stato mentale e di sopravvivenza a tutto ciò. Quello che sto vedendo e vivendo io in questo periodo è la forza comunicativa dell’arte. L’arte c’è sempre, e gli artisti hanno comunicato la loro solidarietà attraverso iniziative e aste per supportare ospedali e famiglie in difficoltà. Spero che resti questo.