In occasione del FestivalFilosofia 2020 a tema Macchine, la Galleria Antonio Verolino ha presentato la mostra “Superlunare” di Jacopo Valentini. L’esposizione, prorogata fino al 28 ottobre negli spazi di via Farini 70 a Modena, parte da una vetrina, come limite ma, allo stesso tempo, accesso all’opera, ed è accompagnata dalla presentazione di una fanzine a tiratura limitata, con relativo testo critico a cura di Alessandro Bava.
Jacopo Valentini
Giovane, giovanissimo, classe 1991.
Un vita tra Modena e Milano.
Interessato alla fotografia sin da piccolo fa di questa tecnica lo strumento perfetto per indagare lo spazio, il paesaggio, mettendone in discussione l’immaginario collettivo.
Jacopo è rappresentato dalla Galleria Antonio Verolino di Modena e GARTEN di Como.
Collabora con l’artista italiano Stefano Graziani.
Ciao Jacopo.
Quando hai iniziato ad esprimere la tua ricerca attraverso l’utilizzo della fotografia?
Il mio interesse nei confronti del medium fotografico è sempre stato presente, ma ho cominciato ad averne maggiore coscienza nel 2015, quando ho frequentato il mio primo vero laboratorio di fotografia presso l’attuale FMAV, Fondazione Modena Arti Visive.
In seguito, durante una sospensione dei miei studi presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio (CH), ho frequentato il Master in Photography presso lo IUAV di Venezia. Credo che da quel momento in poi qualcosa nelle mie priorità sia cambiato in maniera evidente ed irreversibile.
Su cosa si concentra il tuo lavoro?
Considero me stesso come un autore visivo che indaga sulle tematiche appartenenti al tema del landscape. Questo però per me non ha dei confini precisamente definiti. Nella mia visione, infatti, il paesaggio è contenuto in una serie di differenti, e alle volte apparentemente lontane, situazioni. Come definire uno spazio? Come definire un’area?
Cosa pensi sia cambiato dall’inizio della tua ricerca ad oggi?
Dagli “inizi”, anche se sotto molti punti di vista a trent’anni appena compiuti mi considero ancora all’interno di questa fase, sono cambiati diversi aspetti, ma l’interesse concettuale rimane lo stesso. Negli ultimi progetti, a partire dal 2018, ho iniziato a sentire la necessità di produrre un lavoro più installativo, che usufruisca della fotografia, ma anche della scultura e dell’installazione stessa. Un altro punto che considero importante è il bisogno di pensare a ricerche più a lungo termine con un incremento delle collaborazioni con altri artisti.
Entrando nello specifico dell’ultima esposizione durante FestivalFilosofia, la Serie Superlunare esposta all’interno degli spazi della Galleria d’arte contemporanea Verolino di Modena: lo spazio dell’opera e la sua condivisione diventano opera stessa, ti va di parlarmene?
Certamente, è una chiave di lettura che condivido pienamente. La vetrina viene usata come mezzo e come limite di fruizione al tempo stesso. La prospettiva e la vicinanza con il contenuto di Superlunare sono ridotte, ma al tempo stesso l’opera è fruibile 24 ore su 24 ed è conservata, come se fosse in una teca. Questo dispositivo presenta diversi gradi di accessibilità all’installazione, un tema che mi interessa profondamente in questo ultimo periodo.
Come definiresti il concetto di limite attraverso il tuo panorama di interessi?
Il concetto di limite per me è una questione non del tutto definita e, posta in questa maniera, apertamente generica, è ancor meno definibile. Cercherò di rispondere generalmente anche io: credo che il limite, nella mia ricerca, non abbia dei confini delineati, i campi di interesse si contaminano, a volte più intensamente ed altre meno, dipende dalle condizioni.
Credo nell’esistenza dei limiti.
Quanto limite c’è nel definire un concetto? La parola si impone come libertà o come limite?
Sicuramente il limite può essere visto come un aiuto oppure come un impedimento, dipende da che punto di vista lo si sta guardando e quanto si è disposti ad avere un reale coinvolgimento nei confronti di esso. La parola, intesa in questo caso come mezzo progettuale, si può manifestare in entrambe le possibilità, sia limite che libertà.
A proposito di “Libertà”, tema della prossima edizione del Festival Filosofia, come si rappresenta per te la libertà?
A quest’ultima domanda, molto interessante, non mi sento di rispondere, al momento quanto meno. Penso che i temi scelti dal Festival della Filosofia di Modena siano sempre molto calibrati e proprio per questo avrei bisogno di uno spazio maggiore che, purtroppo o per fortuna, questa modalità di dialogo non mi fornisce. Per dare una risposta che soddisfi me in primis, preferirei procedere ad uno studio approfondito sulle diverse strade perseguibili.