L’opera site specific Meditation Surface Tetrahedron di Pierluigi Lanzillotta si presenta come un tetraedro di due metri e quaranta composto dalle lastre ceramiche della collezione in serie limitata “Plain Doodle” di Ceramiche Refin. Una trama labirintica intricata di segni nero su bianco: un universo che induce l’osservatore a perdersi per poi ritrovarsi in uno stato di meditazione condiviso. La condivisione, carattere determinante del progetto: è volere del Comune di Castelnuovo Rangone che la ospita che l’opera sia in un’area del centro storico bella ma con poco passaggio, probabilmente a causa dell’assenza di negozi.
Non tutte le cose si fanno con un cellulare
Stefano Giuliani, artigiano dell’opera
Spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Castelnuovo Rangone Sofia Baldazzini:
Questa per noi è una bella storia: la storia di un’amministrazione comunale che grazie anche al progetto CRAC incontra artisti. Grazie alla curatela di Alessandro Mescoli per Meditation Surface abbiamo incontrato Pier che, finita l’esposizione, decide di donare le piastrelle al comune al patto che queste vengano custodite e valorizzate e così abbiamo fatto.
È bellissimo accogliere qualcuno nella propria comunità, è l’esempio tangibile di ciò che scaturisce dall’accoglienza: qualcosa di impensato ma che sta su, lo guardiamo, lo contempliamo. Lo abbiamo visto nascere e crescere; era inverno quando abbiamo gettato il cemento e lo abbiamo inaugurato in una giornata di sole.
Arte, Artigianato e industria coesi nell’intento di realizzare un’opera d’arte urbana composta dalle lastre ceramiche della collezione Plain Doodle di Ceramiche Refin che, firmate in edizione limitata da Pierluigi Lanzillotta, prendono forma in un tetraedro grazie all’esperienza artigiana di Stefano Giuliani.
Da Domenica 16 Febbraio l’opera è visibile nella piazza di Via della Conciliazione a Castelnuovo Rangone. L’artista spiega che il tetraedro richiama lo spazio figurativo del focolare che assume in questa location il significato simbolico di fiamma.
Una fiamma tenuta accesa per rivolgere un messaggio all’uomo, quasi un monito a memoria della sua natura umana sottile, parte di un organismo più complesso e delicato chiamato pianeta terra. La trama fitta in bianco e nero è lo scenario dove diventa necessario perdersi per ritrovarsi, in una dimensione propria e collettiva insieme.
Pier, come nasce questo progetto?
Il progetto nasce da una mia idea di recupero e valorizzazione di un certo quantitativo di lastre in grès: inizialmente erano state utilizzate per un’installazione temporanea allo spazio CRAC di Castelnuovo Rangone tenutasi nel giugno 2019. L’installazione aveva nome “Meditation Surface”, da cui poi si giunge all’attuale “Meditation Surface Tetrahedron”, evoluzione in tre dimensioni della prima. Dati i buoni rapporti con l’amministrazione comunale, dovuti alla reciproca stima e alle frequenti collaborazioni avvenute negli ultimi anni, mi sono permesso di proporre loro il progetto: trasformare le lastre in un’opera permanente.
Quella con Refin è una collaborazione interessante. Cosa ne pensi del ruolo delle grandi aziende in ambito artistico? L’industria può essere partner dell’arte?
Forse finora quella con Refin é la collaborazione più importante con il mondo della produzione industriale che io abbia avuto e credo che il supporto di grandi aziende sia fondamentale. Da sempre gli artisti di qualunque epoca sono stati affiancati da partner più o meno facoltosi ma comunque capaci di valorizzare il loro operato o anche semplicemente condividerlo e comprenderlo.
Se l’arte si insinua nella una produzione industriale ribaltando il cliché del pezzo unico/irripetibile di artista solitario e iperuranico, è la società stessa a trarne vantaggio poiché inevitabilmente il contenuto del messaggio artistico può moltiplicarsi.
Anche qui però occorre prestare attenzione perché così come si amplificano messaggi positivi lo stesso può accadere per quelli negativi. Le grandi aziende costituiscono spesso una sorta di progetto parallelo per l’artista, che é così destinato a confrontarsi con un ambiente che può non essergli affine e lo costringe ad una crescita, ad un confronto, sicuramente lo porta a ragionare in maniera differente nell’affrontare una nuova sfida.
Questo può non piacere a tutti, a me è piaciuto.
Pensi che la stampa digitale possa valorizzare il tuo lavoro di artista?
Credo che la stampa digitale, se fatta con i dovuti criteri, possa essere un mezzo molto valido per certe tipologie di espressione, come in questo caso si è verificato col mio segno. Di certo la digitalizzazione aumenta il potere comunicativo, velocizza i tempi e aumenta il bacino di utenza, occorre però mantenere uno stretto contatto con la materia fisica e non lasciare che la tecnologia, da mezzo, diventi fine o prenda il sopravvento; bisogna sempre tener conto dei tempi di creazione e produzione artistica, in tempi così veloci e bizzarri la lentezza può essere un valore. Se utilizzata correttamente la stampa digitale è un valido mezzo per farsi conoscere ad un pubblico più vasto e nel mio caso é l’ideale per raggiungere quelle grandi dimensioni che non mi sono mai permesso, un po’ per scelta un po’ per necessità.
Che sinergie ha creato la realizzazione di un’opera che ha coinvolto diverse figure in ambito artigianale, in questo caso il muratore e il posatore?
Il Tetraedro è stato un ottimo banco di prova per far interagire tra loro realtà distanti.
Si è iniziato con un disegno, poi coadiuvato da un testo e si è poi passati al coinvolgimento dei progettisti professionali, architetti, grafici, per spostarsi poi in ambito più concreto con l’aiuto agli artigiani, muratori, posatori. Tutto sotto la supervisione delle istituzioni e di Ceramiche Refin, quindi riuscendo a far dialogare tra loro diverse “facce” della nostra realtà. A mio avviso queste sinergie sono molto valide, anche perché credo che in futuro solo le comunità più unite sopravvivranno all’impoverimento biologico, mentale, sociale, spirituale ed economico che stiamo vivendo.
Collaborazioni del genere non possono che giovare alla collettività. Per me é stata una bellissima esperienza potersi confrontare con nuove problematiche, nuovi materiali, soprattutto nuove forme e dimensioni, non più due bensì tre: la mia prima vera scultura, se di scultura si può parlare.
Se ci sono state, quali difficoltà avete incontrato nella messa in opera del progetto?
Le difficoltà non ti abbandonano mai, sono parte del cammino di chi vuole evolvere e in questo caso specifico sono state tutte di carattere tecnico. Ad esempio sulla tipologia di colla da utilizzare per la posa del grès in esterno, sul posizionamento della struttura nella piazza evitando danneggiamenti agli impianti sottostanti, sul tipo di taglio da usare sulle lastre o su eventuali infiltrazioni. Ma l’incognita maggiore è derivata senza dubbio dalle inclinazioni degli angoli degli spigoli del tetraedro: sono così acuti che in edilizia non si usano per evitare rotture o cedimenti strutturali e materici, quindi abbiamo giocato sul filo di lana affidandoci però ad artigiani di valore notevolmente superiore alla media.
Credo che non ci siano altri tetraedri al mondo, ho controllato su internet e sicuramente non così grandi, forse è il più grande mai creato. Forse sto esagerando ma questa costruzione può essere la dimostrazione che anche certe inclinazioni possono essere raggiunte: l’arte confluisce così in ambito edilizio conferendogli nuova linfa.
Trovi che la condivisione di opere d’arte con i Comuni, soprattutto di opere urbane, possa sensibilizzare i cittadini verso il rispetto e la cura dello spazio pubblico?
Sì ne sono sicuro, a patto però che il concetto alla base dell’opera sia della giusta caratura e venga spiegato al pubblico. Mi spiego: ci sono opere o presunte tali, in mezzo alle rotonde sulle strade e che hanno principalmente una funzione pubblicitaria.
A prescindere dal mio gusto personale non mi sembra che migliorino la percezione dell’abitante medio nei confronti dello spazio pubblico: mi sembrano solo indicazioni stradali e appunto pubblicitarie più grandi delle altre. Da quello che percepisco non fanno altro che inasprire il giudizio del pubblico nei confronti dell’arte, degli artisti e di questo tipo di operazioni.
Detto ciò, credo comunque che la cura dello spazio pubblico spetti in primis a chi lo gestisce affinché gli abitanti possano viverlo e vivendolo possano imparare a rispettarlo. Oggi è già difficile fare uscire la gente di casa, figurati farle rispettare uno spazio pubblico. Qui da noi però mi sembra che le cose sotto questi aspetti funzionino ancora.
Per sensibilizzare i cittadini occorrono operazioni semplici e dirette, ma soprattutto occorre che, qualora venga valorizzato uno spazio come una piazza con un tetraedro, questo spazio poi venga vissuto e utilizzato per altre iniziative aggregative come concerti, altre esposizioni o anche solo una grande tavolata.
Sicuramente anche da solo può essere un punto di riferimento che invita a riflettere; inoltre, lo spigolo su cui è applicata la targa di riconoscimento é orientato a nord così da convogliare le energie nella giusta direzione, ma questo discorso fa parte di un argomento che per molti è ancora quasi stregoneria o peggio “new age”.
Finisco con una domanda: è ancora presto per il feng-shui o forse no?