A Settembre accade qualcosa nel sottobosco musicale modenese: le chat e le pagine dei social di zona iniziano a condividere un brano molto insolito in cui un noto personaggio della città, accompagnato da un brano techno e con un lessico al limite del ripetibile, racconta le proprie disavventure lavorative. È il primo di una lunga serie di pezzi che andranno a comporre l’album Taxaemilian Anger ma, soprattutto, è la nascita di Blaxi Tofodo.

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La copertina di Taxaemilian Anger

All’alba del secondo album, in uscita lo scorso 31 gennaio, giorno modenese per eccellenza, ho pensato di togliermi una grande curiosità e conoscere Matteo Bassoli, ovvero la mente dietro Blaxi Tofodo. Musicista a 360°, polistrumentista, fonico e tecnico di palco, attualmente impegnato con i Me and That Man, progetto parallelo di Nergal dei Behemoth.

Nel 2008, suonando in un tour nell’Europa dell’Est con gli At the Soundawn, sua band dell’epoca, stringe alcune amicizie con diversi componenti di gruppi polacchi. Così, come afferma lui, “da cosa nasce cosa” e dopo essersi trasferito a Gdynia, intraprende diverse attività in ambito musicale, inizialmente sostituendo il bassista dei Blindead nel 2012 e, in seguito, lavorando come tecnico e come fonico ai concerti. L’anno scorso però, visto l’annullamento causa pandemia del tour al quale stava partecipando, ha scelto di tornare in terra emiliana.

 

La domanda più semplice: come è nato il progetto?

Blaxi Tofodo nasce innanzitutto dalla mia necessità di espressione musicale e dalla situazione attuale.

Dal momento in cui quasi tutti i miei impegni lavorativi sono stati interrotti da qui a due anni, per gli ovvi motivi che conosciamo, ho colto l’occasione per tornare a casa. A dirla tutta non sapevo di preciso quando, ma ero già consapevole del fatto che prima o poi sarebbe successo perché vivevo all’estero da parecchi anni e ogni volta che vedevo la Pioppa in qualche foto o post in rete mi saliva la nostalgia.

In Polonia ho conosciuto gente fantastica e ho creato molti legami con persone stupende, però penso fosse il momento di tornare e, viste le premesse, ho pensato di riempire il vuoto lavorativo con qualche progetto.

 

Cosa o chi ti ha dato il La, l’ispirazione per partire?

Tutto è nato da un messaggio vocale registrato da un ragazzo che conosco in una chat. Appena finito di ascoltare quell’audio ho capito che c’era tantissimo potenziale perché, già di per sé, la registrazione è uno sfogo potente, una personale esplosione di rabbia e incazzatura per le vicissitudini lavorative con un linguaggio molto colorito, per usare un eufemismo.

A quel punto mi è balenata l’idea di creare un pezzo che ne facesse il contrappunto musicale, qualcosa di ipnotico e incalzante da affiancare a quell’audio così poderoso. Appena finito rimandai il tutto al mittente, quasi per scherzo e in questo modo è nato Fradicio, che è anche il primo brano dell’album.

Subito dopo, visto che la “materia prima” di vocali continuava ad arrivarmi, ho deciso di utilizzare generi diversi, ciascuno in base a ciò che mi comunicavano gli audio. Ad esempio Salsicce e Ciabatte, in cui il protagonista è depresso perché sperava di potersi godere il meritato riposto ma è costretto a tornare improvvisamente a lavoro, ha un clima molto triste e malinconico, quindi perfetto per un blues; oppure Fiorellini, quando il nostro eroe si mette a cantare al passaggio a livello, mi è parso perfetto per essere accompagnato con un walzer, e così via.

 

Invece, dal punto di vista tecnico, come ti sei mosso?

Sebbene io prediliga lo studio all’utilizzo massiccio di programmi, ho dovuto optare per quest’ultimo a causa di motivi tecnici non indifferenti. Mia mamma e mio fratello non avrebbero apprezzato una sessione intensiva di registrazione della batteria nel salotto, quindi mi sono affidato all’home-recording, metodo forse meno pregevole ma più diplomatico.

In ogni caso mi sembra un buon risultato anche perché, a parte il master definitivo effettuato da uno studio di Ravenna con cui collaboro da anni, è tutta farina del mio sacco: dalla scrittura delle musiche, passando agli arrangiamenti e alle registrazioni, fino al mix finale.

Considerando che si tratta di un lavoro fatto da casa, partendo da messaggi inviati tramite cellulare, sono soddisfatto.

 

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La copertina di L’Arte è Dolore, realizzata da Simone Fazio

 

Il secondo album, L’arte è Dolore, è appena uscito. E poi?

Vista l’ingente mole di messaggi del “tassista iracondo” in mio possesso, dopo il primo disco ho continuato a sfornare pezzi finché mi sono reso conto di avere quasi altri due album pronti.

Il secondo, come dicevi, è appena uscito e poi seguirà il terzo e ultimo perché credo sia giusto arrivare a una conclusione senza dilungarsi troppo. Le cose che tirano per le lunghe, dopo un po’, rompono i maroni e ritengo sia saggio fermarsi al numero perfetto.

Sarebbe bello, in futuro, organizzare qualche concerto, virus permettendo. Me l’hanno chiesto e, oltre a essere fattibile, ho già qualche in mente qualche nome che mi piacerebbe coinvolgere.