Per la sesta tappa del lungo tour di presentazione del nuovo album intitolato “Ce lo chiede l’Europa”, sabato 23 Febbraio 2019 giunge in quel di Modena Edoardo “Dutch” Nazari. Non ho intenzione di definirlo con quel termine che tanto si sente di questi tempi perché sarebbe come banalizzarlo. Preferisco invece parlare di lui come di un artista che si muove con eleganza e personalità sopra un confine tra generi musicali che, oggi più che mai, è decisamente labile. Personalità, dicevo, perché ce ne vuole parecchia anche solo per avere la costanza di sfornare quattro album in quattro anni ed eleganza in quanto, se la cifra stilistica di ogni artista è il suo personale vestito, allora il padovano è tra quelli che più si distinguono per il gusto e la classe.
Verso le 23.15 sale sul palco insieme a Mowadrum, che si occupa delle basi oltre che di suonare la batteria, e Sick et Simpliciter, al secolo Luca Patarnello, che si destreggia egregiamente tra chitarra e basso, ed è anche il produttore. Il pezzo di apertura è “Tutte le direzioni”, seconda traccia dell’ultimo lavoro, e il pubblico, la cui media di età si aggira attorno ai 25, è molto caloroso fin da subito. Visto il feeling istantaneo si capisce al volo come il colpo di fulmine con i fan sia inevitabile, tanto che già al terzo brano Dutch si può permettere di lasciar loro finire le frasi al proprio posto.
Piccola parentesi riguardo il nuovo album: non intendo parlarne molto se non per dire che, laddove “Amore povero” era stato il disco di metamorfosi in cui liriche da cantautorato e metriche rap trovavano la giusta dimensione, quest’ultimo lavoro invece rappresenta la conferma di quanto appena affermato. E forte di questa acquisita consapevolezza, il patavino ne approfitta riproponendo la quasi totalità delle tracce (Comunque poesia, Girasoli, Guarda mamma senza money, Momento clinico, Fuori Fuoco, Mirò e Lontana tu).
Invece, degli album precedenti, gli altri brani suonati, e dico “suonati” con una soddisfazione enorme in quanto vedere strumenti sul palco di artisti che vanno a braccetto con l’hip-hop è una di quelle poche cose che mi ridà fiducia nel genere umano, sono “Sui divanetti”, “Amore povero”, “Qui da poco”, “Da abbinare a un mondo grigio”, “Nelle stazioni” e, ovviamente, “Near Venice”.
Come già anticipato, il rapporto che si è venuto a creare con la gente che ascolta è molto intenso e complice. Sempre più spesso Dutch lascia cantare il pubblico con la soddisfazione di stare affidando qualcosa di proprio a dei nuovi amici e gli applausi, tanti, sembrano più strette di mano e abbracci. In un clima del genere ci si può anche permettere qualche uscita sopra le righe da entrambe le parti, come una battuta sbocciata veramente male dal palco o un apprezzamento non esattamente stilnovistico da basso, ed è con questa atmosfera che si conclude la buona prestazione degli artisti.
In conclusione, trovo che il concerto sia stato molto gradevole a 360°. Musicisti preparati, le basi e gli elementi di elettronica dosati al punto giusto, la voce di Nazari calda e capace di dare le emozioni giuste in base all’argomento del testo: tutti questi sono stati gli elementi di forza dello show. Che dire?
In un paese che staziona in una mediocrità culturale tale per cui buttare a caso due parole in rima spacciandole per rap sembra sia diventato lo sport nazionale, Dutch Nazari è una delle poche belle eccezioni che vale la pena di essere sostenuta.