Prosegue con i consigli di Gibbo la rubrica #3settimane33giri in collaborazione con Radio Antenna 1.
The Big Moon – Walking like we do
Fiction Records, 2020
Artwork di Pooneh Ghana
Nell’attuale e fertile scena musicale inglese invasa da giovani band che hanno deciso di mettere al centro dei propri progetti le chitarre, i Big Moon sono una formazione tutta al femminile che con il primo disco Walking like we do ci ricorda come si possa fare ancora musica pop con i fiocchi senza scadere in suoni e arrangiamenti banali, strizzando un pochino l’occhio anche alle sonorità da dancefloor.
Mattiel – Satis factory
ATO Records, 2019
Artwork di Jason Travis
In un momento storico nel quale le figure femminili stanno avendo sempre più importanza, suggerisco di ascoltare il secondo disco della cantautrice statunitense Mattiel che con la sua chitarra riesce a concentrare in dodici tracce le influenze migliori che la musica americana ci ha regalato dagli anni sessanta ad oggi.
Juniore – Un deux trois
Le Phonographe, 2020
Artwork di Anna Jean
I francesi saranno spocchiosi, narcisisti, presuntuosi ma quando decidono di fare musica pop hanno pochissimi rivali.
Definire pop il disco Un deux trois dei Juniore è molto limitativo, c’è tantissimo altro all’interno di un album che è già uno dei migliori di questo 2020 e che ci mette tutti d’accordo: quanto i francesi producono queste chicche siamo tutti contenti e li ringraziamo tantissimo.
Verve – A storm in heaven
Hut Recordings, 1993
Artwork di Brian Cannon & Michael Spencer Jones
I Verve sono ricordati per il capolavoro Urban Hymns, Richard Ashcroft per la sua camminata da sbruffone per i marciapiedi di Manchester ma sarebbe un errore gravissimo non considerare altrettanto brillante il loro disco d’esordio.
Loro come pochi altri hanno saputo mantenere il passo dei meravigliosi anni novanta nonostante i tantissimi scioglimenti e conseguenti reunion.
A storm in heaven sono quarantasette minuti di pura psichedelia, un viaggio che inizia nella nostra stanza, attraversa più dimensioni grazie all’alternarsi di chitarre noise e atmosfere più morbide e sognanti e che termina con un arrivederci a una prossima e indefinita meta.
Moon Duo – Stars are the light
Sacred Bones Records, 2019
Artwork di Ardneks
Per un pomeriggio di cazzeggio come ci è stato prospettato fino al 3 Aprile, l’ultimo disco dei Moon Duo può essere di ottima compagnia.
Questa è l’ennesima incisione sopraffina da parte di uno dei punti di riferimento della scena pischedelica degli anni duemila, un duo appunto che ogni volta che si trova in studio di registrazione ci regala sonorità lisergiche e fluttuanti, miscelando con molta astuzia suoni elettronici e chitarre elettriche guardando sempre al futuro ma mai dimenticandosi di quella che fu la sfavillante Summer of love del 1969.
Bonobo – Black sands
Ninja Tune, 2010
Artwork di Oscar & Ewan
Se penso a un lungo tempo da passare in casa la prima cosa che mi viene in mente è scegliere un sottofondo musicale che possa allietare le giornate, optando per musica che non irriti le orecchie, che non disturbi i vicini di casa e che con la mente faccia viaggiare verso mete indefinite.
Tutto questo lo si può trovare all’interno di Black sands di Bonobo, un concentrato di musica downtempo, intramezzi che ci rimandano al jazz, musica elettronica che quando viene prodotta dalla Ninja Tunes è sempre sinonimo di garanzia.
Spacemen 3 – Recurring
Fire Records, 1990
Artwork di Mr. Ugly
Anche i duri hanno due cuori (cit.)
Ligabue non c’entra assolutamente con gli Spacemen 3 ma mi è venuta in mente questa frase per provare a descrivere questo disco.
Nell’ultima pubblicazione della loro carriera sfoggiano una delicatezza mai sentita prima, ammorbidiscono i suoni senza rinunciare a quella vena acida grazie alla quale hanno definito un suono e un epoca, come gli anziani sono diventati più sensibili col passare degli anni.
Ecco un ultimo saluto che ci proietta verso nuovi orizzonti, quelli che Peter Kember e Jason Pierce inseguiranno nelle loro carriere da solisti.
The Future Sound Of London – Lifeforms
Virgin, 1994
Artwork di Stephen Marks, Peter Atkinson, Olaf Wendt e Buggy G Riphead
Nella musica tutto è davvero possibile, oggi più che mai, ma ad anticiparci questo concetto ci hanno pensato trent’anni fa i FSOL.
Alla base di tutto ci sono due forti passioni: la musica elettronica e la musica psichedelica.
Combinate insieme riescono a creare suoni innovativi che allo stesso tempo guardano alle proprie spalle.
All’interno di Lifeforms si sentono gli echi dell’acid house, genere musicale che ha caratterizzato il loro inizio di carriera, ma si nota la voglia di staccarsi da quella scena e di esplorare territori incontaminati, si nota la voglia di allontanarsi dal sovraffollamento dei rave e rifugiarsi in spazi immersi nella natura dove non vi è traccia di altri esseri umani.
Brownswood Recordings – We out here
Brownswood Recordings, 2018
Artwork di Gaurab Thakali
La musica jazz può essere davvero per tutti, soprattutto se parliamo della nuova corrente che sta imperversando a Londra.
Capirla è troppo complicato, soprattutto se non la si suona. Ascoltarla è più semplice e può riservare piacevoli sorprese.
Alcuni giovani ragazzi hanno deciso che risalire alle radici della musica è molto più interessante che inseguire le pop star di oggi.
I gruppi inseriti in questa compilation sono tutti agli esordi, riguardano musicisti che hanno studiato nei conservatori e quindi sono tecnicamente abilissimi, assorbono come spugne tutte le influenze che una città come Londra e la loro musica jazz è come una ventata d’aria fresca.
Toy – Happy In the Hollow
Tough Love Records, 2019
Artwork di Lee Conklin
Per me sono da premiare quelle band che disco dopo disco propongo sempre qualcosa di nuovo, che sperimentano, che azzardano correndo a volte il rischio di fare una figuraccia. La band inglese ha esordito nel 2012 affermandosi come una delle migliori novità in ambito shoegaze, ispirandosi fortemente a quella meravigliosa scena britannica di fine anni ottanta. Col passare degli anni e dei dischi si può notare la maturazione intesa come proposta musicale che ha pian piano abbandonato le radici per virare su nuove sonorità. L’ultimo disco, uscito l’anno scorso, è un concentrato della psichedelia acida di fine anni sessanta e puro krautrock tedesco. Una prova che a confermato quanta qualità ci sia all’interno dei Toy.