Una realtà come quella del Consorzio Creativo, la cui peculiarità è quella di creare comunità e aggregazione fisica, è colpita nel profondo dalla chiusura forzata dello spazio. Ma questo forse può rivelarsi un nuovo punto di partenza. Di seguito l’intervista ad Alessandro Orrea e Massimo Baraldi, fondatori del Consorzio Creativo di Modena.
Ciao Alessandro e Massimo, come altri spazi anche il consorzio rimarrà chiuso almeno fino al 3 aprile. Cosa avete pensato quando avete capito che ci sarebbe stato questo stop totale di tutte le attività?
Massimo: La chiusura imprevista della nostra “bottega” comporterà una complicazione dal punto di vista organizzativo, lo stop ha tuttavia un aspetto positivo di riflessione riguardo al modo di comunicare. Questa variazione della comunicazione è un aspetto che stanno affrontando tutti, a livello sociale, non è peculiare del nostro spazio. Per il Consorzio, dove la socialità e il contatto sono elementi fondamentali, la novità informatica va affrontata in modo continuativo e propositivo per rendere la condivisione fattibile. Ed è ciò che sta accadendo.
Alessandro: Secondo me è una pausa che serve. Ci serve soprattutto per riflettere su come andare avanti: capire cosa c’era di buono in quello che facevamo e cosa si potrebbe migliorare o eliminare dalla nostra programmazione; cosa possiamo fare che non sia il semplice contatto del sabato e della domenica pomeriggio? Un utilizzo dei social o delle chat può essere qualcosa di creativo e interessante e, secondo me, più trasversale dal punto di vista dell’età.
Il vostro pubblico ha avuto qualche reazione?
Massimo: Il pubblico è l’espressione del momento e si dimostra frastornato. Stiamo affrontando uno sforzo non indifferente: uscire dall’angoscia che aleggia e cercare di costruire una comunità alternativa. In realtà sono due facce della stessa moneta. Il concetto di comunicazione virtuale, che era impensabile e antitetico per la nostra associazione fino a poche settimane fa, sta diventando una reazione positiva contro la claustrofobia. Il nostro pubblico reagisce rapidamente agli stimoli che stiamo generando, probabilmente con un po’ di fatica per il discorso delle capacità informatiche. Abbiamo davanti un pubblico che viene selezionato su questa base.
Alessandro: Nel momento della pubblicazione del contest fotografico #segregatidalcovid19 e dell’attività di Narrazione Domiciliare della Bottega di Narrazione, c’è stata subito una reazione. Diciamo che il gioco del contest è un po’ una scusa per ricordare a tutti che la creatività non va in letargo, non viene segregata e si può continuare a stuzzicare anche in situazioni come questa. Il pubblico si è mosso molto bene.
Essere attivi sui social media è una cosa positiva, ma non è così scontato che le persone seguano le iniziative promosse dai vari enti, ce ne sono davvero tante in giro e non tutte danno riscontro sul pubblico. Qual è la vostra differenza?
Alessandro: La differenza rispetto ad altre iniziative credo che sia nella proposta. Non diamo consigli su cosa vedere o cosa leggere in questo periodo, ma diciamo al nostro pubblico: “facci vedere cosa sai fare”. Credo che sia un approccio diverso, propositivo.
Massimo: Vogliamo dare un richiamo ad un’arte, ad un’attività più che ad una passività.
Il Consorzio Creativo è una associazione no profit pertanto la chiusura delle attività non sta intaccando molto l’aspetto economico, quanto invece quello della condivisione e della creatività. Cosa significa la chiusura per un lungo periodo di uno spazio la cui natura ha a che fare con l’incontro?
Massimo: Per noi la durata della chiusura non è così influente come per chi deve far quadrare i conti. Più tempo passa più tempo abbiamo per cambiare le cose. La colgo come un occasione. Abbiamo passato sei anni proponendo la stessa formula con poche variazioni, come un cliché di indubbio successo; questo è un momento in cui chi tra i nostri associati è rimasto in disparte ha tempo di pensare e mettere le mani in pasta.
Alessandro: In effetti il discorso del cliché è vero e mi piacerebbe cambiare alcune cose. Ad esempio rendere il Consorzio davvero più fruibile dal punto di vista tecnologico, facendo quello che già fanno molti altri. Una delle prime idee è lo streaming per le presentazioni dei libri e delle mostre. Anche se ci sono dei problemi fisici da risolvere, come la copertura internet, vorrei investire su questo.
Pensate che questa possa essere un’occasione per fare aggregazione e cultura anche al di là dello spazio fisico condiviso dalle persone?
Alessandro: Io penso di sì. Devo dire che finalmente vedo una chat del Consorzio che torna ad essere propositiva e attiva, un luogo dove ci si scambia idee. Mi piacerebbe che questa attività si riversasse anche sulle pagine social, anche se in realtà legare la cultura ai social non è così facile.
Credete che si potrebbe perdere qualcosa in questo passaggio?
Alessandro: Probabilmente sì, qualcosa si perde. L’atmosfera, il mood che c’è dentro al Consorzio, si perde, o meglio, puoi provare ad averne il sentore solo nel momento in cui l’hai conosciuta davvero. Sicuramente il senso di aggregazione e familiarità con il social non si apprezza.
Massimo: Vorrei però riportarvi alla realtà: questa intervista tramite skype, è la conseguenza di una minaccia che ci costringe alla “segregazione”. Utilizziamo l’unica modalità che ci è concessa. Ripeto: iI valore del Consorzio, il suo punto di forza, è l’incontro, la discussione ed il confronto e tale rimarrà. Detto questo più che perdere quanto abbiamo acquisito, si tratta di cogliere l’opportunità informatica per viaggiare poi su due binari paralleli nel momento in cui la situazione ci permetterà di riaprire lo spazio fisico della bottega.
Questa peculiarità del Consorzio emerge anche dall’iniziativa del contest: non smettere di pensare alla condivisione fisica. Avete lanciato un’attività sui social che ha già una visione verso il futuro incontro, verso l’organizzazione di una mostra.
Alessandro: Sì perché il Consorzio è simbolo di condivisione. Per un contest lo scopo finale è la mostra, è il momento in cui si condivide e si gode tutti insieme di ciò che è stato fatto.
Massimo: Abbiamo seguito per oltre sei anni il nostro motto “ti mettiamo in mostra” ricevendo tanta energia dall’esterno. Accogliendo ed esponendo con entusiasmo centinaia di proposte. Approfittando di questo strano momento, credo di interpretare il nostro collettivo dei soci attivi nel dire che è anche ora di scelte che ci guidino verso la formazione di una nostra anima.