Insieme a musei e spazi culturali, anche gli eventi che dovevano animare la città di Modena durante il mese di marzo hanno dovuto far fronte ai limiti imposti dal Decreto Ministeriale. Uno di questi è il Buk Festival, giunto alla sua tredicesima edizione: un festival dedicato alla piccola e media editoria, che quest’anno ha intenzione di raddoppiare la sua proposta, organizzando nelle stesse date il Buk Film Festival, un appuntamento collaterale dedicato alla cinematografia internazionale. A tale proposito ho intervistato Francesco Zarzana, direttore artistico dell’evento.
Ciao Francesco, per noi di MoCu è molto importante in questi giorni avere una testimonianza da tutti coloro che si occupano di cultura, per sapere come stanno reagendo alla situazione attuale. Qual è stato il tuo primo pensiero quando ti hanno comunicato che l’evento sarebbe stato rimandato?
Ho ritenuto giusto questo stop totale, perché se tutti rispettiamo le regole possiamo veramente accelerare il ritorno alla normalità. Ovviamente senza tralasciare tutto quello che comporta, soprattutto nell’ambito culturale. Però ho accolto positivamente questa volontà di fermarci tutti.
Cosa avete pensato di fare tu e il tuo staff, oltre a spostare l’evento?
Spostare un evento di dimensioni internazionali come è diventato negli anni il Buk Festival non significa semplicemente spostare una data. Significa spostare un meccanismo legato a tantissimi attori: editori che devono raggiungere la nostra città da tutta l’Italia e ospiti che arrivano da molte parti d’Europa.
Il primo pensiero è andato alla ricerca di una nuova data, un’azione che trasmettesse l’idea che lo staff è attivo e non intende annullare l’evento, ma semplicemente spostarlo in tempi più tranquilli: per noi è importante che il festival sia vissuto con gioia e non con preoccupazione.
Indubbiamente c’è stato anche un po’ di scoramento perché una delle preoccupazioni di tutti noi che lavoriamo all’organizzazione di iniziative è legata ai tanti soldi che si sono persi perché già spesi: voli già pagati e non rimborsabili, volantini e brochure già stampati con le date legate al vecchio evento. C’è un forte danno economico, però al tempo stesso c’è stata fin da subito la volontà di non fermarsi.
Da parte del pubblico e delle case editrici ci sono state reazioni o polemiche oppure hanno tutti capito la situazione?
No, assolutamente nessuna polemica. Anzi, una cosa molto bella è stata la grande condivisione in rete nel momento in cui abbiamo deciso di spostare le date. C’è stata una grande ricezione da parte dei fan di Buk che, senza che noi lo avessimo chiesto, hanno condiviso il messaggio facendolo arrivare a tutti i loro contatti.
Questo ci ha fatto davvero piacere perché significa anche affetto nei nostri confronti.
Riguardo la comunicazione digitale, come avete scelto di utilizzarla? Avete pensato a cambiamenti o a nuove iniziative?
Già dalla scorsa edizione ho invitato il mio staff ad essere più social possibile perché è il veicolo più congeniale in questo momento per arrivare ad una fascia di pubblico larghissima, non solo di giovani.
Le edizioni passate di Buk Festival sono state fatte un po’ alla vecchia maniera dal punto di vista della comunicazione. Quest’anno, alla 13° edizione, siamo molto più indirizzati verso la comunicazione in rete (anche per una questione etica, per cui cercheremo di sprecare meno carta possibile) con iniziative che sembrano tradizionali ma che sono da seguire: l’intervista in diretta con l’autore, l’intervista al pubblico, le chiacchiere con gli ospiti, i dietro le quinte.
In questi giorni stiamo cercando di raccontare attraverso alcuni post la storia delle case editrici di Buk, promuovendo queste piccole aziende che al momento stanno avendo dei grossissimi problemi.
State cercando quindi di porvi come partner digitali di queste realtà che sono completamente analogiche e che in questo momento non possono avere un afflusso di persone?
Certo, ovviamente lo facciamo gratuitamente. Abbiamo creato un hashtag chiamato #QuellidiBuk per promuovere e parlare di queste realtà che attraverso Buk possono avere un po’ di visibilità in più.
Oggi buona parte delle promozioni, anche di grandi case editrici, sono pensate per i canali digitali. Funziona meglio se un libro è promosso in rete: non solo attraverso la pubblicità a pagamento ma ancor di più tramite una grande pubblicità naturale dovuta alla condivisione, che dà molti più effetti. Ovviamente il libro deve essere valido e interessante.
É come se un amico di cui ti fidi ti consigliasse un buon libro da leggere. Forse, in questo senso, è ancora più fondamentale far sì che un evento o uno spazio culturale abbiano un’identità familiare per le persone che li seguono, e in questo modo i “consigli” condivisi sono accolti in modo diverso.
Infatti, è proprio così: il consiglio sponsorizzato è veicolante, facciamo invece molta più attenzione ai consigli che arrivano da persone che conosciamo e che non hanno interesse a farci comprare un libro o farci partecipare ad un evento. Devo dire che anche io ho spesso acquistato dei libri grazie a questo tam-tam.
Quindi credo che anche le iniziative culturali, letterarie e cinematografiche, dato che Buk quest’anno si affaccia anche alla cinematografia internazionale, trovino molto più seguito sulle piattaforme digitali. E questo è molto importante.
Avete in programma altri contenuti da condividere in questi giorni?
Se le nuove date, dal 7 al 9 maggio, del Buk Festival non si spostano continueremo a fare il nostro lavoro quotidiano di promozione dell’evento. Se invece dovessimo slittare ancora vorremmo iniziare a fare delle dirette streaming con le case editrici. Alcuni minuti al giorno durante i quali ci collegheremo con le attività.
Una cosa che ci siamo certamente proposti è di non restare fermi e di cominciare a parlare di normalità.