Maledetta Vanità è un ciclo di appuntamenti che ERT dedica allo scrittore Elias Canetti. Per rendere omaggio al Premio Nobel per la letteratura, i teatri della città ospiteranno il gli spettacoli La commedia della vanità (regia di Claudio Longhi, 27 novembre – 8 dicembre, Teatro Storchi) e Nozze (regia di Lino Guanciale, 7 – 15 dicembre, Teatro delle Passioni) e verranno organizzati eventi ad hoc in diverse location. Il prossimo appuntamento sarà un esperimento divertente e utile allo stesso tempo: come vi trovereste a passare un’intera giornata senza specchi? Potrete scoprirlo Sabato 23 novembre per le strade di Modena durante il Mirror Fasting Day: un invito e una sfida di ERT a tutti i cittadini a non utilizzare superfici riflettenti per 24 ore, con un programma ricco e che coinvolgerà l’intera città.
Il Mirror Fasting Day avrà inizio alle 11 presso il Mercato Albinelli con il flash mob “Sii il mio specchio”. Gli allievi attori della Scuola di Teatro Iolanda Gazzerro, corso Fondamenti di pratiche attoriali, Corsi approvati dalla Regione Emilia-Romagna e co-finanziati dal Fondo Sociale Europeo, e gli studenti della scuola di danza La Fenice coinvolgeranno i cittadini e gli avventori del mercato attraverso incursioni teatrali e performance interattive.
Dalle 15 alle 16, presso la Biblioteca Civica A. Delfini verrà allestito l’”Angolo del complimento”: Paolo Minnielli sarà un vero e proprio specchio umano per i passanti e specchiarsi diventerà un’esperienza di compiacimento fuori dal comune.
Il “Mirror Fasting Day” continuerà poi grazie alla collaborazione di diversi esercenti del centro storico che aderiranno all’iniziativa coprendo gli specchi dei loro negozi: la Drag Queen “Miss Pingy Gonzales” alias Salvatore Pinto e gli attori ERT saranno gli unici consiglieri per oufit invernali senza diritto di riflessione.
E se poi gli specchi venissero nascosti per un’intera settimana, invece che per una sola giornata?
È quanto ci racconteranno – a conclusione di questa stravagante giornata – Paolo Minnielli e Michele Lisi, attori della Compagnia stabile di ERT. I due hanno vissuto senza guardare la loro immagine riflessa per un’intera settimana, e alle ore 17.00 presso il pub del Cinema Victoria restituiranno al pubblico la loro esperienza.
Abbiamo avuto la fortuna di scoprire qualche anticipazione in merito a questo originale esperimento direttamente da Paolo e Michele.
Intervista a Paolo Minnielli e Michele Lisi
Non avere uno specchio può significare sentirsi totalmente liberi dagli schemi o, al contrario, avere un limite imposto alla propria autodeterminazione. Cos’ha prevalso? Questo piccolo oggetto non vi è mancato?
M: Credo che non usare lo specchio per una settimana non mi abbia reso più libero dagli schemi. Gli schemi sono dettati dalla società, dagli incontri che abbiamo quotidianamente e anche non usando lo specchio gli schemi sociali rimangono.
L’unica differenza è che tu non ti sei guardato allo specchio e l’altro che hai davanti si. Questo ti rende forse più vulnerabile, la conoscenza è un punto di forza ed essere inconsapevoli di come si è, anche per quanto riguarda il proprio aspetto, ti rende più vulnerabile. In alcuni momenti puoi pensare di essere libero. ma in realtà ti sei solo ingabbiato in altri schemi, schemi che appartengono all’ignoranza e che quindi difficilmente, a mio vedere, sono positivi. Detto questo, l’oggetto in sé per sé non mi è mancato, come esseri umani abbiamo una grande adattabilità e ci adeguiamo a condizioni ben peggiori e questo può essere un bene, un punto di forza, ma anche un male perché a volte ci assoggettiamo a regole assurde senza rendercene conto.
P: Quando mi hanno detto che avrei dovuto sottopormi all’esperimento di vivere una settimana senza specchi, ho pensato subito che sarebbe stato difficile e che l’avrei vissuta come una privazione. I primi giorni effettivamente sono stati un po’ difficili, c’è qualcosa in me, o nella natura umana in generale, che chissà per quale ragione, vive male i divieti, come se fossero un’imposizione. Inizialmente quindi non ho provato per niente un senso di libertà dagli schemi, quanto di costrizione. Dire ad una persona che non può fare qualcosa, che in fondo è del tutto lecito fare, è una costrizione a tutti gli effetti, ed è normale che dia fastidio. Libertà dagli schemi? Ma dove? In fin dei conti è uno schema anche quello di porre un divieto! Tutto questo nell’ottica perversa che lo specchio sia un oggetto negativo e per questo vada eliminato, poiché, nell’immaginario collettivo, porta con sé quel morboso attaccamento alla propria immagine. Preferisco pensare che nulla è buono o cattivo in sé, dipende dall’uso che se ne fa. Un coltello è un oggetto buono se lo uso per tagliare il pane e dar da mangiare ai miei ospiti in casa, può essere cattivo se lo si usa per accoltellarli!
Tuttavia man mano che il tempo passava ho scoperto un senso di distacco. Non tanto di libertà dall’oggetto “specchio”, quanto dal divieto di utilizzarlo. Credo che l’esperienza più interessante fatta, non sia tanto la libertà dallo specchio, quanto dal suo divieto, cioè vivere la costrizione come un’opportunità creativa. In questo senso è stato per esempio molto interessante vedere come gli altri sensi reagiscono, nella cura di sé, quando la vista è impedita.
L’assenza di specchi equivale al non doversi confrontare continuamente con la propria figura, e quindi ad essere meno critici nei confronti di sé stessi. É così? Non doversi confrontare con la propria figura riflessa può migliorarti la giornata?
M: Della domanda mi incuriosisce il “continuamente”: credo ci sia una grande differenza tra il passare tutta la giornata a guardarsi nello specchio, di varie forme (specchio, fotocamera del dello smartphone ecc.) e usarlo come oggetto funzionale, cioè alcune volte durante la giornata. Sicuramente doversi confrontare “continuamente” con la propria immagine può portare ad un’eccessiva critica nei propri confronti, però anche non guardarsi genera dei pensieri molto critici. Non potersi specchiare ti porta ad utilizzare altri sensi per controllare. Il tatto per esempio: per farmi la barba era indispensabile sentire con le dita dove rimaneva e poi tagliarla con il rasoio. Non potendomi guardare, per pettinarmi era indispensabile crearmi attraverso il tatto un’immagine di come potevano stare i miei capelli (la maggior parte delle volte sarò uscito in condizioni pietose!) e questo non rendeva migliore la mia giornata ma semplicemente più indeterminata. Guardarsi continuamente e non guardarsi mai credo che si assomiglino moto. Guardarsi alcune volte durante la giornata, quello credo che possa migliorarla: avere un rapporto funzionale con l’oggetto specchio e non ossessivo può avere dei riscontri positivi.
P: Confrontarsi con la propria immagine credo sia una costante di ogni essere umano. Lo specchio del resto è una superficie che non riflette solo un volto, ma tutte le insicurezze di quel volto, i suoi traumi, le sue paure di non essere all’altezza. È interessante notare che queste cose lo specchio non le riflette in realtà, siamo noi a proiettarcele sopra. Eliminare lo specchio potrebbe essere un’idea per eliminare anche queste proiezioni. Nell’esperienza che ho fatto mi sono reso conto che privarsi dello specchio può da un lato smussare tutte queste “manie” personali, ma non eliminarle del tutto. In questo senso un po’ può migliorarti la giornata, ma mi sono accorto che esistono ben altri specchi: un severo sguardo su sé stessi innanzitutto e gli occhi delle persone che si incontrano tutti i giorni. Questi “specchi” non si possono coprire… Sartre nell’opera teatrale “Porte chiuse” diceva che l’inferno è lo sguardo degli altri. Mi sono interrogato molto su questo. Mi sono accorto come passiamo gran parte del tempo a giudicare noi stessi e gli altri. Lo specchio è solo uno strumento in tutta questa storia! Ho sperimentato in questi giorni che per uscire dal confronto con sé stessi, innescato anche dallo sguardo degli altri, sia necessario cambiare radicalmente punto di vista: spostare l’attenzione dal mio ombelico, al mondo che mi circonda, per esempio. Se comincio a fregarmene di come è o come dovrebbe essere il mio volto, forse posso scoprire che ci sono altri volti intorno a me e che sono belli e hanno molto da raccontare. Già solo questo cambio di atteggiamento può far tirare un sospiro di sollievo, aiuta a distendere il volto e ad uscire da quell’ individualismo a cui ci abitua la società. Io esisto in relazione ad un altro, non ad un freddo specchio e non importa se sono bello io, ma se è bello ciò che guardo, ciò che amo. Credo che la ricerca di un volto, che non è il mio, possa salvare una vita intera…poi chissà, magari scopro che in quel volto posso specchiarmi e trovare davvero me stesso, un po’ come avviene a Dante alla fine della Commedia.
Specchio e vanità: in un mondo in cui il selfie é sempre protagonista della nostra vita virtuale, vivere senza un telefono vi ha fatto sentire meno “liberi” rispetto agli altri?
M: In effetti non abbiamo vissuto senza smartphone ma solo senza quelle funzioni che generano un confronto con la nostra immagine. Video, Foto, Selfie e social. Però, per rispondere, questo aspetto in particolare non ha limitato ma ha generato una maggiore libertà. Ne ero già cosciente prima, ma eliminare per un periodo i social me ne ha fatto essere ancora più consapevole: i social ti fanno perdere un sacco di tempo e, a differenza dello specchio, non perdi tempo nella rappresentazione di te stesso a te o al mondo, ma in una rappresentazione edulcorata di te stesso a te e al mondo. Mentre lo specchio è un riflesso, diciamo neutro, il riflesso del social è un riflesso filtrato e modificato in modo da rappresentarci anche in maniera diversa da come siamo e più simile ad una maschera che ad uno specchio.
P: Assolutamente si. Il telefono sta diventando sempre di più una protesi delle nostre mani. Il telefono più che uno specchio è un manifesto su cui appendere l’immagine che si vuole dare di sé agli altri. Vivere in questi giorni senza telefono mi ha fatto sentire decisamente più libero. Mi sono reso conto di quanto tempo si guadagna e di quanto viceversa se ne spreca, restando sempre attaccati allo smartphone. Ho sperimentato che il distacco dal telefono ti permette di stare appieno in quello che stai facendo. Ho potuto vivere meglio le relazioni e le situazioni in cui mi trovavo ad essere, senza credere alla menzogna di essere costantemente in 25.000 luoghi diversi contemporaneamente. Molto rilassante e arricchente, direi!
Ricapitolando
Appuntamento dunque dalle ore 11 di Sabato 23 Novembre in centro a Modena e a partire dalle 17.00 al pub del Cinema Victoria. Tutte le iniziative sono ad ingresso libero.
Presentando inoltre a teatro un biglietto del cinema acquistato durante il “Mirror Fasting Day” potrete ottenere una riduzione sul biglietto de La commedia della vanità.