Whaash! scambiai per un intensificarsi del vento quello che era solo un intensificarsi della mia attenzione per il vento: un titolo spiazzante e fuori misura per una mostra, conclusasi il 13 gennaio negli spazi del Complesso Conventuale San Paolo, che si costruisce proprio su misure estreme e su una lettura della realtà peculiare.
Nicola Toffolini, artista di punta a Drawing Now Paris 8, da quasi dieci anni fra gli artisti della Galleria D406, ha esposto a Modena un progetto organico iniziato nel 2010 e che ha come oggetto di interesse il vento: disegni di grande formato e agende progettuali, un segno calligrafico e di microscopica esattezza accostato all’astrazione di grandi campiture di nero assoluto.
Dopo la grande mostra negli spazi originari della D406 nel 2013, questo è il secondo progetto espositivo di Nicola a Modena, e prevede un’altra mostra correlata a fine mese a Bologna.
Incontro Nicola insieme al gallerista e curatore di D406 Andrea Losavio nella sede della mostra ormai terminata, mentre è in viaggio fra le due città fra cui si divide, Firenze e Udine.
Cos’è per te il disegno?
Il disegno, di solito contenuto nelle agende, è sempre stato per me una specie di pratica privata per pensare, per prendere appunti, per concedersi del tempo e lasciare sedimentare i progetti. Nel tempo, a volte, l’illusione dell’interesse per alcuni progetti va a scemare e restano solo le cose importanti.
Alle agende si sono poi affiancati i disegni in larga scala che hanno iniziato ad avere la presunzione di progetti installativi, con un senso autonomo; uno dei primi in grande formato che feci, del 2010, è esposto in questa mostra.
Cosa ti affascina del vento?
Il vento è impalpabile, e mi è sempre sembrato divertente il fatto che nella sua trasparenza ci sfugge, e allora abbiamo bisogno di figurarlo, interpretarlo, misurarlo attraverso convenzioni. Ne è un esempio la serie qui esposta di Cx, quattro disegni di formato gigantesco: Cx è il coefficiente di penetrazione aerodinamica con cui si misura la resistenza di un oggetto al vento, in camere controllate in cui possiamo capire le dinamiche complesse dell’aria in un ambiente circoscritto. In questa serie l’idea della spettacolarizzazione della meteorologia è resa da questi simboli piovuti dal cielo, come asteroidi, o come, in chiave più pop, i mostri e i disastri un po’ trash da film catastrofisti hollywoodiani; suggestione che sommata al disegno descrittivo e distante crea una sorta di incidente che mi diverte.
Gran parte del mio lavoro si focalizza sul modo in cui processiamo la natura; se esiste un macro-tema unificante nel mio lavoro, è che non esiste mai l’uomo come soggetto ma è evidente il suo punto di vista. Ogni cosa che noi pensiamo è già un modo di interpretare, io vedo in funzione di quello che sono, del mio vissuto: tutte cose che tendiamo a dimenticare.
Oltre alla tua arte, da più di 15 anni porti avanti un progetto di ricerca e intersezione tra più arti, Cosmesi.
Cosmesi è questa sorta di incidente apocalittico fra me e Eva Geatti, e tutte le altre persone che di volta in volta collaborano con il progetto.
L’ultimo progetto di Cosmesi è un disco folle: ci siamo messi a fare una cosa che non sappiamo fare, cioè musica, abbiamo iniziato un anno fa portando a Centrale Fies un’infinità di strumenti e marchingegni di ogni natura e a luglio è uscito l’album, registrato con un vero proprio producer, Marcello Batelli. Il disco è violentemente pop: ci piaceva l’idea perché alle regole del pop non si può sfuggire, il pop deve funzionare. Il progetto ha debuttato a luglio al festival Drodesera in un live faticosissimo, l’idea suicida era proprio quella di andare sul palco senza aver imparato a suonare e proporci al pubblico così, del tutto impreparati.
Cosa hai in programma per i prossimi mesi?
A Setup Art Fair a Bologna porterò due disegni relativi ad un nuovo progetto; poco prima, il 26 gennaio, inaugurerò una personale, gemella di questa modenese, alla bolognese Galleria Squadro. Subito dopo tornerò con Eva in residenza artistica a Centrale Fies per continuare a lavorare sul progetto iniziato con Cosmesi Fa Un Disco, dove cercheremo di costruire qualcosa che abbia una sua drammaturgia, e che allo stesso tempo continui a giocare con l’idea del rischio assoluto di un live suicida, fuori dal controllo e dalla nostra comfort zone; mettersi nella peggiore delle situazioni possibili e cercare di forzare i cliché dall’interno… comunque, noi ci divertiamo.