In occasione della messa in onda su Crime+Investigation (canale 119 di Sky) abbiamo realizzato un’intervista ad Alberto Bello, aka Delhikate, autore della colonna sonora del film. L’intervista è disponibile a questo link.
A settembre 2018 si è svolto il primo MoCu Speaks che ha visto Gabriele Veronesi, regista del film, tra gli ospiti della serata. A questo link il racconto della serata e il collegamento al video integrale.
Il film, che ha iniziato il suo sviluppo nel 2015, racconta di una serie di omicidi irrisolti avvenuti a Modena tra gli anni ‘80 e gli anni ‘90. Dieci ragazze uccise, quasi tutte vicine all’ambiente della prostituzione e della tossicodipendenza. Nel film viene rappresentato anche il contesto sociale di quegli anni, con il dilagare del consumo di eroina e i conseguenti grossi traffici di droga, il problema della prostituzione e la paura per l’AIDS. Il tutto in una cittadina come Modena, in quegli anni una delle più ricche d’Italia, sinonimo di efficienza e di buona amministrazione, una città che non sembra voler fare i conti con queste morti che avvengono ai margini della società.
Vengono considerate “vittime di serie B”, come le ha chiamate Pier Luigi Salinaro, ex cronista di nera della Gazzetta di Modena, oggi in pensione, colui che si è occupato maggiormente del caso e teorizzatore del “mostro di Modena”, un’idea che non era l’ennesima trovata editoriale, ma che aveva un’evidenza empirica anche se – per vari motivi – mai provata.
Il primo omicidio è del 1983, l’ultimo nel 1995, già dal quarto caso si inizia a parlare di serial killer, di Mostro, forse sulla suggestione degli omicidi che hanno appena sconvolto Firenze e la Toscana in quegli anni. Nelle piste investigative ci sono suggestive analogie, ma del Mostro nessuna traccia, eppure la sua ombra incombe sulla vicenda trasformandola in un vero e proprio caso mediatico. Tutto ciò sembra confondere e rendere sottile la linea tra verità e racconto, in alcuni casi sembrano gli atti di Polizia Giudiziaria a seguire le suggestioni dei cronisti. Dall’altra parte il merito di avere messo in luce le storie piene di disperazione di queste povere ragazze, finite sulla strada sbagliata fino all’incontro fatale, storie che non avremmo mai conosciuto perché troppo lontane dalle vite cosiddette “normali”.
A più di vent’anni dall’ultimo omicidio, viene spontaneo chiedersi che senso può avere riaprire una porta sul passato, raccontare queste storie vecchie e magari chiedere che vengano riaperte le indagini. Eppure è proprio il tempo che da nemico può trasformarsi in un valido alleato. Testimoni all’epoca reticenti che decidono di parlare, elementi sottoposti alle nuove tecnologie investigative, persone arrestate che possono essere collegate a questi fatti. E poi ci sono tanti altri casi simili avvenuti appena fuori i confini della nostra provincia negli ultimi trent’anni, casi che meritano di essere riconsiderati e che potrebbero fornire qualche nuovo spunto investigativo.
Non è mai troppo tardi per cercare la verità.
Per risolvere un omicidio non è mai troppo tardi. Basta pensare al caso Zodiac a San Francisco: ci sono voluti 25 anni e tante sofferenze personali, ma alla fine si è capito chi era il serial killer.
Pier Luigi Salinaro
Durante lo sviluppo del film Labbra Blu, iniziato nel 2015, diretto da Gabriele Veronesi e prodotto da Taiga, sono stati consultati tutti i materiali giornalistici disponibili sulla vicenda, sono stati acquisiti i fascicoli relativi agli omicidi e sono state contattate o intervistate varie persone che hanno avuto a che fare con il caso: giornalisti, magistrati, poliziotti o semplici cittadini. Sul sito, che contiene le fotografie delle vittime accompagnate da una breve descrizione riguardante il singolo caso, in fondo alla pagina c’è uno spazio dedicato alle segnalazioni, in cui è possibile inviare il proprio contributo anche in forma anonima che verrà vagliato ed eventualmente confrontato che le informazioni in possesso della produzione. Le informazioni ricevute potranno essere utili al film che attualmente è ancora in produzione oltre ovviamente ad eventuali nuovi spunti investigativi.
IL MOSTRO DI MODENA
Il 21 agosto 1985, nella prima campagna modenese tra i ruderi di una ex fornace a Baggiovara, viene ritrovato il corpo di Giovanna Marchetti, prostituta tossicodipendente di 19 anni, uccisa con una grossa pietra trovata accanto al cadavere. Le indagini si rivelano subito difficili, ci sono due presunti colpevoli per il delitto che vengono anche incarcerati, poi di fronte le evidenze vengono rilasciati e l’omicidio rimane irrisolto. Il caso, con scarsa risonanza mediatica, passa abbastanza inosservato, eppure inizia quel giorno una scia di omicidi, accuse, polemiche e dolore destinate a trascinarsi nel tempo e a lottare contro l’oblio.
Il 12 settembre 1987 viene ritrovata in una cava vicina ai laghetti di San Damaso uccisa da due coltellate, Donatella Guerra, 22 anni, prostituta. L’assassino si dilegua lasciando una traccia di pneumatico e di scarpa, indizi che però non faranno mai scattare ulteriori ricerche. Solite indagini nell’ambiente della droga e della tossicodipendenza, ma non si arriva a nulla. Caso irrisolto.
Il 1 novembre 1987, viene ritrovato a Gargallo frazione di Carpi il corpo di Marina Balboni, 21 anni, tossicodipendente, strangolata col foulard che portava al collo. Questo omicidio segna una svolta importante per diversi motivi: vengono commessi clamorosi errori nel momento del ritrovamento: infatti, la rimozione immediata del cadavere compromette irrimediabilmente la scena del crimine. L’omicidio così ravvicinato a quello di Donatella Guerra inizialmente non viene considerato uno spunto di indagine interessante. Emergerà soltanto anni dopo che Marina e Donatella si conoscevano bene e che erano a pochi metri l’una dall’altra quando quest’ultima fu uccisa. Nei diari di Marina, mai acquisiti dalle forze dell’ordine, c’è scritto che la sera in cui verrà poi uccisa aveva appuntamento con una persona importante. Non si sa chi sia, esce di casa e poche ore dopo viene uccisa. Forse, la sera in cui fu uccisa Donatella Guerra, aveva visto qualcosa che non doveva vedere.
Da questo momento si inizia a parlare di “Mostro”, in particolare a portare avanti questa tesi è Pier Luigi Salinaro, cronista di nera della Gazzetta di Modena. Ci sono analogie tra i tre delitti e Salinaro riporta alla luce anche il precedente delitto di una prostituta, Filomena Gnasso, avvenuto nel 1983 e rimasto irrisolto. A livello giudiziario però non viene ritenuta una pista credibile, intanto le indagini sull’omicidio di Marina Balboni si arenano e il caso viene archiviato.
Vedevo una serialità. C’erano tanti aspetti sempre uguali. Sospettavo che qualcuno avesse individuato le sue prede ideali dentro lo stesso ambiente marginale, anche se come noto il grande criminologo De Fazio, mio amico, non era d’accordo perché non si trovavano riscontri sufficienti per collegare i fatti. Oggi sono “ casi freddi” ma non sono casi chiusi.
Il giornalista Salinaro in una intervista disponibile su
Gazzetta di Modena, a questo link
La scia di delitti riprende il 30 maggio 1989, la vittima si chiama Claudia Santachiara, 24 anni, prostituta, tossicodipendente, ritrovata strangolata in un campo vicino il terminal dell’Autobrennero. Anche in questo caso indagini negli ambienti della tossicodipendenza e della prostituzione, interrogatori, perquisizioni non portano a nulla. Uno schema destinato a ripetersi come una tragica ritualità negli anni successivi, alimentando l’ombra di un Mostro che sembra colpire per poi sparire nella nebbia padana.
8 Marzo 1990, Fabiana Zuccarini, 21 anni, tossicodipendente, ritrovata strangolata vicino a Staggia di Bomporto. È l’unica delle vittime a non essersi mai prostituita per procurarsi la droga. Il padre Ermanno non riuscirà mai a darsi pace e condurrà indagini personali, investendo risorse proprie e setacciando gli ambienti che frequentava la figlia.
13 Ottobre 1990, Antonietta Sottosanti ritrovata nel tardo pomeriggio dopo che un incendio si è sviluppato nei palazzoni del Windsor Park a Modena. Non è un incidente: è stata uccisa, soffocata con una calza di nylon in gola. L’assassino ha poi incendiato l’appartamento per cancellare il suo passaggio.
4 Febbraio 1992, Anna Abbruzzese, 32 anni, viene ritrovata nelle campagne vicino a San Prospero strangolata con un laccio o con del fil di ferro.
26 Gennaio 1994, Annamaria Palermo, 21 anni, viene uccisa con undici coltellate al cuore e scaricata in un canale a Corlo. Il corpo viene ritrovato giorni dopo la denuncia di scomparsa, in pessime condizioni e sfigurato dagli animali. Per questo omicidio si arriva anche ad un processo che però si conclude con un’assoluzione.
3 Gennaio 1995, nel suo appartamento in centro a Modena viene ritrovato il corpo di Monica Abate, 31 anni, prostituta tossicodipendente. Inizialmente si pensa ad un overdose e la notizia passa praticamente inosservata fino all’arrivo degli esiti autoptici: si tratta di omicidio. L’assassino l’ha strangolata poi ha preparato una maldestra messinscena. Questo omicidio segna una svolta grazie alla combattiva madre di Monica, Romana Caselli, che tiene alta l’attenzione sulla vicenda, rivolge appelli in televisione e collabora il più possibile con la Procura. Ci sono indagini scrupolose, vengono indagate anche parti infedeli della Polizia e presentate interrogazioni parlamentari. Nemmeno in questo caso si arriva ad individuare il o i colpevoli, il caso rimane irrisolto.
La scia di omicidi attribuibili a quello che ormai viene chiamato il “Mostro di Modena” però si interrompe e poco a poco cala anche l’attenzione su quelle morti. Negli anni varie trasmissioni si sono occupate dal caso, come Telefono Giallo, Linea continua o Moby Dick ma, nonostante questo, viene rimosso dalla memoria dei modenesi. Come se fosse impossibile che una storia così tragica sia avvenuta proprio lì, nella “città felice”.
Da parte della redazione di MoCu magazine, il nostro augurio per un buon lavoro a Gabriele Veronesi e ai ragazzi di Taiga, sperando che anche grazie al loro lungo lavoro si possa aiutare a far luce su questa lunga scia di casi rimasti irrisolti.
Per informazioni e approfondimenti vi rimandiamo al sito di Labbra Blu: labbrablu.it, alla pagina Facebook del film e a quella di Taiga.
Qui di seguito alcuni link ad articoli che abbiamo utilizzato a nostra volta, oltre al ricco comunicato stampa di Labbra Blu, per la stesura dell’articolo e per alcuni materiali fotografici:
criminologia-aspetti.it
La Repubblica – articolo 1
La Repubblica – articolo 2
conversomag.com
Gazzetta di Modena