L’immediato sold out a soli 20 minuti dalla messa in vendita induce gli organizzatori ad aggiungere altri due spettacoli, esauriti anche quelli nel giro di pochi minuti. Noi di Mo.Cu. siamo riusciti ad andare al secondo spettacolo, questa è stata la nostra impressione.
Modena, viale J.Barozzi 31, h. 22.30.
Le sedute reclinabili del planetario inducono lo sguardo nell’antro della cupola, la luce si attenua: “Ciao ragazzi”, entra Basinski.
La poca luce viene scansata velocemente dai banchi di fumo; lo spettacolo ha inizio.
Basinski attacca col suo ultimo brano A Shadow In Time, composizione dedicata alla memoria degli artisti Dong Tai e David Robert Jones. Già, David Bowie quell’immagine del duca bianco che gli fece scabottare più volte le lezioni di clarinetto perché l’ambizione di diventare primo clarinetto dell’orchestra non gli apparteneva, ciò che gli importava era di far tardi la sera per far jazz e… essere come David Bowie.
A collidersi con la composizione sonora, le luci di Orthographe in collaborazione con la rassegna per planetari Paradoxes.
Il dispositivo ottico al centro della sala interagisce con l’esecuzione live del musicista dando vita a una performance tra la musica, le luci, il movimento delle costellazioni e pianeti assieme ai diversi fenomeni astronomici: orchestra diretta in tempo reale da Marco Garoni.
Fasci di luce rossa e blu rincorrono punti luce bianchi nello spazio di un tempo indefinito, una dinamica staticità si snoda in loops ambientali strutturati da armonie naturali in cui una sorta di sottile ansia positiva infesta la performance; la sensazione che qualcosa di significativo sta per accadere, un orizzonte d’attesa che nonostante la sua dilatazione è inspiegabilmente in grado di calmarti.
A rimarcare il senso di dilatazione del tempo la proiezione luminosa di un goniometro che da sinistra passa lentamente sulle nostre teste per tramontare a destra lasciando il posto poi al cielo stellato.
Quella di Sabato è stata una suggestione multisensoriale, la musica non si è “soltanto” ascoltata, la si è vista: un sogno lucido e chiaro come il cielo notturno nelle serate d’inverno.
William Basinski
Fra i primi protagonisti della sound art degli ultimi trent’anni. Compositore dal background classico con base prima a New York poi in California, crea nel corso degli anni un linguaggio profondamente personale; espressione di un sentimento romantico, melanconico che trascende tempo e spazio perdendosi in una continua ricerca lucida senza bussola.
Peregrino in luoghi sonori distanti, dilatati, accarezza i grandi misteri del tempo facendo un’arte della tecnica dei loop, creando armoniose strutture slegate unite solo da un continuum inesorabile.
I suoi campionamenti ambientali vivono di tridimensionalità, diventando qualcosa di molto più di un “suono”.
Tra le composizioni più conosciute la quadrilogia di The Disintegration Loops (2002-2003), opere in cui il naturale processo di decadimento dei nastri magnetici diventa linguaggio espressivo, rivoluzionando quindi l’idea stessa di musica generativa.
The Disintegration Loops I è un triste ossequio alle vittime della tragedia dell’11 settembre.
In quei giorni Basinski, intento a riversare suoni dai vecchi nastri, assiste al tragico spettacolo che riprenderà dalla sua abitazione (materiale utilizzato per il videoclip di The Disintegration Loops), l’accaduto ha inevitabilmente travolto la fase di scrittura dell’opera.
L’espressione creativa di Basinki è in un processo di continua evoluzione: l’artista è un musicista, un sassofonista dalla formazione classica con importanti influenze jazz e blues.
Dopo gli studi alla North Texas State University Department of Music, sente la necessità di allontanarsi dall’ambiente accademico sentendosi più a suo agio in una condizione di isolamento sperimentale anche se riferimenti ai grandi compositori non mancano, come: Terry Riley, Brian Eno, John Cage e Karlheinz Stockhausen.
Affine ai linguaggi dell’arte contemporanea e di performance è interessante il lavoro “The Life And Death Of Marina Abramovich”, opera teatrale diretta da Robert Wilson che racconta la vita dell’artista montenegrina, la cui colonna sonora è stata affidata proprio a William Basinski ed Antony Hegarty.
Continuiamo a seguire NODE, continuano a seguire Paradoxes, continuiamo a seguire le iniziative della Modenachecipiace.