Una di quelle realtà indipendenti di cui tanto ci piace raccontarvi, fedele solo ai suoi principi, per citare i C.C.C.P. fedeli alla linea.
Collettivo FX nasce nel 2010 a Reggio Emilia, innamorati della terra intervengono su tutta la sua superficie, senza porsi limiti se non quello di preservare tutte quelle storie troppo importanti per passare sotto silenzio.
Sono storie di strada su strada, raccontate con una denuncia consapevole e mai banale; spaccati di Bellezza che rappresentano una delle figure della street art fra le più interessanti del panorama attuale.
Dei tipi appassionati, schizzati e nomadi ma con radici ben piantate nel suolo.
Sensibili alle tematiche della terra, agli Italiani agli stranieri e agli stranieri d’Italia.
Domani, Sabato 20 Maggio alle 18.30 alla Galleria D’arte Pac di Novi di Modena ci sarà l’inaugurazione dell’esposizione CONSERVANTI NATURALI PER ESTERNI, che mostra come l’unico conservante possibile per la street art sia la documentazione di questa e NON l’asportazione dal luogo di nascita.
Diverse sono le querelles a riguardo: Gallerie si/no? Conservazione si/no? Restauro si/no?
Un minestrone di febbricitanti chiacchiericci che distoglie da un equazione molto semplice: street art + documentazione (foto-narrazione) = conservazione.
La street art è sulla via dello sguardo di ognuno, anche e soprattutto di fronte a chi non la stava cercando.
CONSERVANTI NATURALI PER ESTERNI svela foto ed elenchi di alcune pittate abusive che il collettivo FX ha realizzato tra Reggio Emilia e Modena e, a tal proposito, vi chiediamo : “Ma voi le avete mai notate?”
Come iniziò tutto?
Tutto iniziò da un paradosso: brontolavamo su come andavano le cose mentre eravamo comodamente seduti davanti ad una birra. Qualcuno di noi ce lo fece notare. E si pensò ad una soluzione per rimediare a ‘sto paradosso. E voi a paradossi come siete messi? E cosa fate per rimediare?
Interventi ufficiali e, come scritto sul sito, interventi non-ufficiali, cioè spontanei. Quanto è importante mantenere anche quelli, diciamo, non proprio ufficiali?
Un giorno dipingevamo nel bacchettone centro storico di Reggio Emilia. Un progetto di quelli molto ufficiali con coinvolti musei e svariate istituzioni. Arriva un tizio e grida “avete il permesso?”. “certo che l’abbiamo; quindi possiamo fare una bella merda? Una merda rigorosamente con il permesso, però”. Qual’ era la domanda?
Ok
Perfetto
Impossibile non citare le storiche Officine Reggiane, luogo più dipinto in Italia. Con le Reggiane siete partiti da interventi non ufficiali per poi proseguire con quelli ufficiali.
Le Officine Reggiane. Ci siete mai stati? Al di là della quantità di roba dipinta, rimane la funzione che ha avuto per molte persone che hanno dipinto lì: quella di officina, luogo di crescita tecnica e sociale: lì, si capisce come si usano asta e rullo ma sopratutto si entra in contatto con l’emarginazione e la povertà. Luogo con centinai di graffiti e decina di senza tetto. Sempre più graffiti e sempre più emarginati. Di qua si migliora, di là si peggiora. E noi non sappiamo se queste due cose possano stare effettivamente insieme. Graffiti e Senzatetto. Avete suggerimenti?
Mi è rimasto impresso il disegno del Pastore dei Nebrodi…
Appena dopo Natale, sui Nebrodi, sbuca dal nulla l’unico non-pastore del luogo e proprietario di quell’unico muro nel nulla. Si arrabbia e fomenta progetti della Comunità Europea. Una sorta di parco pubblico, ma privato, finanziato da soldi pubblici ma utilizzati da un privato. Aggiungiamo altro, o anche voi avete il sentore che in tutto questo, qualcosa non funziona?
Tanti sono gli interventi realizzati sui vagoni dei treni…
I merci vanno in Germania e tornano carichi d’argilla. Avanti e indietro tra i confini d’Italia, Svizzera e Germania. L’argilla non ha problemi, pur non avendo il passaporto. Gli essere umani sì. Poi è anche vero che gli umani fanno più danno dell’argilla, ma dire che sono solo quelli che passano il confine pare una presa in giro.
Quanti volti in quest’Italia; come vedete l’Italia, l’Europa, il cosiddetto Mondo?
Tutti sottolineano che siamo messi male, molto male. E su questo è inevitabile concordare. Però crediamo che nonostante tutto siamo sopravvissuti. Certo malconci, ma le possibilità di scampare erano veramente poche. Con il nostro lavoro entriamo in molte questioni economico sociali e ci siamo resi conto della devastazione che hanno causato certe scelte. Pensate solo alle piazze italiane, centro economico e sociale, ora arredo urbano per turisti annoiati. Oppure i centri commerciali, e la filiera industriale che alimentano e quella artigianale che annientano. Per non parlare della cementificazione. Questioni grosse, pesanti, massacrati, spesso liquidate con spallucce e la minchiata del secolo “danno lavoro!”. Ma nonostante il bombardamento della mentalità panzona da intrattenimento, trovi una fila infinita di ragazzi che camminano a piedi tra Bologna e Firenze, evitando i ristoranti a trenta euro, e andando dal vecchio alimentare. Oppure i ragazzi in Basilicata che non credono più ai giornali e ne fondano uno loro. Oppure a quello che si incacchia con il barista perché il caffè costa un euro e dieci. Fino a due pazzi che aprono una galleria d’arte in una zona terremotata che si sta spopolando. Insomma, messi male ma sopravvissuti. Ora, però bisogna ricostruire. Quindi basta brontolare e diamoci da fare.
Ditemi qualcosa sulle tecniche sperimentate, che so, per dire “buona la prima”: nome che avete dato all’utilizzo di asta e rullo.
Asta e rullo nascono dai contesti in cui ci siamo formati: le Officine Reggiane, dove i muri erano molto grandi e, ovviamente, non si aveva disponibilità di cestelli o altro. E soprattutto pittando in campagna, lungo strade provinciali, statali e autostrada, dove si era costretti a fare pezzi grossi per essere visti da chi passava a cento all’ora. Ma l’aspetto tecnico va oltre la logistica e riguarda anche alcune questioni nella costruzione dell’immagine, indispensabili per far funzionare il lavoro.
Ad esempio la valutazione del “Punto di Vista” e cioè da dove e in quanto tempo viene visto il pezzo; oppure come “l’Incastro nella Parete”, dove si valuta se inglobare o far sparire finestre o altre architetture; oppure come costruire la figura in base a quanto e che materiale riusciamo ad avere. In sostanza a determinare la figura è spesso il contesto in cui uno si trova ad agire.
Insomma, il muralismo è una disciplina spesso più “severa” di quella pittorica. Disciplina che ci piacerebbe condividere con altri, soprattutto per chi sta iniziando a dipingere in strada.
Le “Madonna dell’Adesso”, recente intervento a Fabriano, comune violentato dal terremoto, diverse volte.
Quando ragionavamo sul progetto della Madonna dell’Adesso a Tolentino la questione era se si poteva dipingere sui moduli abitativi, di proprietà della protezione civile. Questione risolta senza grossi problemi: i moduli abitativi devono ancora arrivare. Altro episodio per far capire: a Ussita (poco sopra Fabriano), quando ha tirato la scossa forte, il Sindaco ha fatto allestire una zona di emergenza dove Vigili del Fuoco e Soccorritori potevano fare base. Pochi giorni fa gli è arrivata la denuncia penale per abuso edilizio…
Anche Novi come Fabriano.
La domanda non è: quelli di Novi cosa possono fare per quelli di Fabriano, Ussita, Tolentino, Visso, etc.?
Il 20 inaugura alla Galleria D’arte PAC di Novi di Modena, CONSERVANTI NATURALI PER ESTERNI.
Più che materiale “fisico”, esponiamo un argomento: la conservazione della street art. Crediamo che l’unico materiale naturale sia la documentazione, fotografica e narrativa. Speriamo sempre che qualcuno non sia d’accordo, così si da inizio alla discussione!
Prossimi progetti?
Prossimi progetti? Molti, troppi, ma il più importante è piazzarsi qualche giorno a Rovereto e dipingere mentre si scroccano tortelli dalle rezdore.