La casa cantoniera si mostra con la sua faccia gialla d’improvviso, al di là di uno degli infiniti tornanti che, fra barriere e precipizi di verde incontaminato, conducono fino a qui, a Ramiseto, dove la provincia reggiana è prossima al confine con quelle di Parma e di Massa Carrara. E l’edificio porta i segni del suo ritorno alla vita dopo un periodo di abbandono, destino comune a molte fra queste strutture distribuite su tutto il territorio italiano: attrezzi agricoli e stivali da pioggia sulla soglia, pile di libri che si mostrano dalla triplice vetrata sulla facciata, uno dei gatti di casa che sorveglia da una finestra il suo imponente territorio di caccia. Oltre la porta, il tepore delle stufe a legna e il profumo della cucina, in cui le erbe spontanee ritrovano posto nel pranzo con i padroni di casa.
Giovanni Cervi, vissuto fra Parma e Reggio Emilia, e Nila Shabnam Bonetti, milanese, sono una coppia di curatori che, dopo molti anni trascorsi ad occuparsi di arte contemporanea in contesti fortemente urbanizzati, ha scelto un punto di vista “altro” da cui seguire e fare arte: questa terra di confine, lontana dalle dinamiche di mercato, terra in cui la natura è maestosa e terribile al tempo stesso. “Secondo me siamo stati dei grandi incoscienti” dichiara Nila. “Quando siamo arrivati qui, più di un anno fa, avevamo una visione idilliaca della natura; in verità devi essere molto ben organizzato e attrezzato se vuoi vivere qui, perchè non puoi controllarla, la natura ti investe e sa rimetterti al tuo posto”. Giovanni manifesta la curiosità che lo ha spinto a mettersi alla prova: “Ogni tanto si deve imparare a vivere in modi diversi da quelli conosciuti”. E Nila e Giovanni manifestano entusiasti il desiderio di apprendere tutto lo scibile relativo alla raccolta e alla trasformazione dei frutti dell’ambiente che li circonda: hanno fondato una società agricola biologica che si occupa di erbe aromatiche e spontanee, piccoli frutti dal sottobosco, sono in attesa di costruire le arnie per le prime famiglie di api e hanno affittato un vasto appezzamento di bosco e piante spontanee.
Parte del guadagno proveniente dall’attività agricola è destinato a finanziare la Residenza artistica, altro volto di Valico Terminus, seppur così intrecciato alla vita della casa e di chi vi abita da risultare quasi indistinguibile, generato spontaneamente da queste fondamenta. Nel corso dell’ultimo anno diversi artisti invitati dai due curatori hanno trascorso qui un periodo in cui poter sviluppare un progetto artistico legato a questi luoghi: alcuni fra i progetti hanno mostrato i loro esiti in mostre ed eventi in loco, mettendo gli autoctoni a confronto con una visione del tutto diversa della realtà da loro conosciuta ed esperita; altri, come quello di Giulio Crosara, sono destinati a scendere a valle (nel caso di Giulio in occasione di Fotografia Europea 2016). Le pareti della casa ospitano numerose opere di artisti qui giunti in visita, o in residenza, o con cui Nila e Giovanni hanno collaborato nel corso degli anni, una galleria rara di storie, aneddoti e visioni. Più che un eremo posto ai margini, questo sembra essere il punto d’incontro di numerosi percorsi, e un ottimo luogo in cui valicare il modo conosciuto di fare e divulgare arte.