È il 7 febbraio 2020. Patrick Zaki, uno studente ventinovenne all’Università di Bologna, sbarca a Il Cairo. Da allora, di lui non si è saputo più nulla.

È stato arrestato con l’accusa di propaganda sovversiva tramite la divulgazione di notizie ritenute false e incitamento alla protesta per il quale è stato rinchiuso nel Carcere di Tora, famoso per le torture e i trattamenti disumani riservati ai propri detenuti.

Avvocato e attivista politico impegnato nella difesa dei diritti umani e delle libertà civili, Patrick Zaki, di origine egiziana, si era iscritto al master internazionale Gemma dell’Erasmus Mundus in studi di genere e sulle donne all’ateneo bolognese solo nell’agosto 2019 per poi fare ritorno a casa in visita ai parenti. Membro dell’ong per la difesa dei diritti umani Egyptian Initiative For Personal Rights, è stato uno degli organizzatori della campagna elettorale di Khaled Ali in occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018, da cui lo stesso Ali ha successivamente ritirato la propria candidatura denunciandone il clima di intimidazione e i numerosi arresti dei collaboratori.

La scarcerazione di Zaki è stata continuamente posticipata con tempistiche di quarantacinque giorni alla volta, mentre nel frattempo il Consiglio Comunale di Bologna gli ha conferito la cittadinanza onoraria, facendosi portatore di un gesto dal grande valore simbolico. Cinque anni fa moriva Giulio Regeni, e l’intera comunità internazionale si sta adoperando per far sì che un evento del genere non si replichi più.

La città di Modena porta il suo contribuito alla causa prendendo parte alla campagna nazionale Una sedia per Zaki dell’artista Gianluca Costantini, e indice una campagna creativa, Free Patrick Zaki, realizzata dall’associazione Collettivo Amigdala con il patrocinio dell’Università di Modena e Reggio Emilia e del Comune di Modena, il quale a dicembre ha approvato un ordine del giorno volto alla sensibilizzazione nei confronti del tema.

Tre sagome del ricercatore egiziano sono state poste in altrettanti luoghi culturali simbolici: la Biblioteca Delfini (Palazzo Santa Margherita), il Palazzo Comunale (Piazza Grande) e l’Ateneo. L’iniziativa è stata presentata lunedì 25 gennaio presso la sede della Delfini da Federica Rocchi, direttrice artistica di Amigdala e Periferico Festival, Andrea Bortolamasi, Assessore alla Cultura, e Fabio Poggi, Presidente del Consiglio Comunale di Modena, con il contributo in  videocollegamento della professoressa Tindara Addabbo, delegata del Rettore Unimore per le Pari Opportunità.

patrick zaki mocu modena cultura
Foto di Elia Mazzotti Gentili

È un input importante quello che viene dal Consiglio Comunale e credo che sia altrettanto importante che venga portata avanti questa testimonianza che conferisce autorevolezza all’iniziativa.

ha introdotto Poggi affermando poi,

Purtroppo non è un fatto episodico e simbolico o eccezionale ed è per questo doveroso che il Consiglio Comunale faccia ciò che è in suo potere. Ne va della sua credibilità e l’impegno deve essere quotidiano.

L’augurio è che la sagoma di Zaki possa essere tolta il prima possibile a simbolo della sua scarcerazione. Come richiama il nostro Statuto, il Comune promuove la piena affermazione dei diritti inviolabili della persona, consolida ed estende i valori di giustizia, di libertà, di democrazia e di pace. Il nostro impegno quotidiano affinché questo avvenga nella nostra comunità, non può tacere di fronte a quello che avviene nel mondo.

Non solo perché i diritti e i valori che valgono per noi sono pieni solo se li riconosciamo a ogni persona, ma per dovere verso i nostri giovani e tutti quelli che accogliamo nella nostra città come Zaki è stato accolto a Bologna. Il nostro impegno per aiutarli a costruire il loro futuro passa anche attraverso queste azioni di denuncia e coerenza.

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Foto di Elia Mazzotti Gentili

Siamo lieti di dare un segnale in questo senso perché le biblioteche sono luoghi di democrazia e sono felice che il nostro sia stato scelto come luogo per ospitare la sagoma di Zaki.” ha dichiarato la direttrice della Biblioteca Delfini, Debora Dameri; mentre Andrea Bortolamasi aggiunge:

Un messaggio importante che sta alla base della visione del patrocinio: i luoghi della cultura ancora una volta dimostrano la propria indispensabilità e valenza come spazi d’impegno civile e testimonianza, coinvolgendo la città nel suo complesso a far sua questa campagna. I luoghi scelti non sono casuali.

Questo è un piccolo gesto che ha un valore profondo perché riunisce le principali istituzioni e testimonia ancora la vocazione internazionale di apertura e di accoglienza che la nostra città ha e continuerà ad avere. Una battaglia, quella di Zaki, che è soprattutto nostra perché riguarda ognuno di noi.

La cultura ha anche il ruolo di fare luce su situazioni buie e far prender coscienza, rompere il silenzio e svelare le ingiustizie, a difesa di libertà e diritti. Con un’azione simbolica collettiva, Modena esprime vicinanza a Zaki, alla famiglia e alla comunità accademica, perché non si sentano soli.

Infine il videomessaggio di Tindara Addabbo:

Esprimo la solidarietà dell’Università di Modena e Reggio Emilia per Patrick Zaki, ingiustamente incarcerato, quasi un anno fa.

Appena saputa la notizia, ci siamo uniti come Ateneo agli studenti e alle studentesse che insieme alle associazioni e alla stessa amministrazione del Comune di Modena ha partecipato a una manifestazione avvenuta in un luogo importantissimo per la nostra città: il sacrario della Ghirlandina dove sono esposte le foto dei martiri della Resistenza Italiana. In quel luogo abbiamo manifestato perché fosse subito liberato Patrick Zaki. Questo non è avvenuto.

Ora, a distanza di un anno, ci uniamo a quelle associazioni e istituzioni che in questo momento vogliono esprimere la propria solidarietà e sperare che l’aperta violazione di diritti umani cessi con la sua liberazione immediata. È per questo che accoglieremo, all’interno del chiostro del Rettorato, la sua immagine sperando di poter accogliere presto in presenza Zaki.

patrick zaki mocu modena cultura
Foto di Elia Mazzotti Gentili

È davvero grave sul piano morale e politico, che in Egitto – come già accaduto per il ricercatore italiano Giulio Regeni – si continuino a perseguire reati di opinione e siano calpestate quotidianamente le tutele di quanti operano per la salvaguardia dei diritti umani, rifiutando, come sollecitato da Amnesty International, l’apertura di un’indagine indipendente sulle torture che egli ha subito dopo il suo arresto. L’Università di Modena e Reggio Emilia mantiene alto l’impegno in tutte le sedi, in accordo con la CRUI e l’Università di Bologna, per tenere accesa l’attenzione sulla sua sorte.

Infine Federica Rocchi spiega:

Il Collettivo Amigdala organizza da diversi anni il Festival Periferico a Modena e nell’edizione 2020, avvenuta tra ottobre e novembre, abbiamo voluto accogliere un ampio progetto sui diritti civili, Stagione del mutuo discorso, curato da Isabella Bordoni in collaborazione con Gianluca Costantini, raffigurante su manifesti appesi per la città, un viaggio immaginario tra Alessandro Leogrande e Alexander Langer: due figure importanti in tema di democrazia e diritti civili.

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Una delle affissioni presenti a Modena per il progetto Stagione del mutuo discorso

La campagna Una sedia per Zaki è diventata virale ed è stata adottata da molti contesti e istituzioni. Per noi, come festival che si occupa di progettazione culturale e artistica, la rilevanza deriva dal fatto che la campagna parte da un artista che è un attivista che lotta non solo per Zaki ma per molte altre cause di diritti civili più o meno calpestati. Ci occupiamo della promozione e fruizione dell’arte e della cultura e riteniamo che uno dei compiti principali sia quello di occuparsi di campagne come questa.

In seguito alla chiusura anticipata della parte pubblica del festival a ottobre, sono rimaste delle sagome ed è allora che abbiamo proposto all’assessore Bortolamasi di lasciarle in alcuni luoghi simbolici della città. Si tratta di un piccolo gesto ma come scrive Huberman in Come le lucciole, ‘Il bagliore piccolo di una lucciola può diventare una luce grande se diventa uno sciame’ ed è quello che sta accadendo con questa campagna.

 

Incontro pubblico con Gianluca Costantini

Nell’incontro pubblico coordinato da Collettivo Amigdala, nella diretta Facebook di venerdì 29 gennaio, l’autore della sagoma di Patrick Zaki, Gianluca Costantini, aggiunge:

Uso il disegno per parlare di certe tematiche, per cercare di muovere le acque di certi casi di cui si parla molto poco. Solitamente quando una persona scompare, io realizzo un disegno in automatico. Un disegno che viene fatto in maniera molto istintiva, veloce, perché deve essere immediatamente online e disponibile per gli altri. Quindi, il disegno per Patrick Zaki è stato fatto proprio il 7 febbraio 2020, appena si era saputo che era stato arrestato e la notizia stava girando.

L’unica aggiunta, strana, che mi venne in quel momento fu il filo spinato: indicava una sofferenza continua che si può avere sul corpo, quasi di fastidio più che di dolore vero e proprio, a rappresentazione del momento che questo ragazzo stava vivendo.

Il disegno ha incominciato a essere subito molto usato dagli attivisti che lavorano sul caso e la cosa è diventata presto virale. Ha preso subito una sua strada, cosa che succede spesso col mio lavoro: io lo faccio, lo inizio, ma poi si trasforma nel contatto con gli occhi della gente. Per una settimana il disegno ha abbracciato l’intera Piazza Maggiore di Bologna che, nonostante le chiusura causa pandemia, ha comunque conferito grande visibilità alla campagna di liberazione. Il centro sociale Làbas di Bologna ha realizzato subito dopo un disegno, in cui era presente anche il volto di Giulio Regeni, da cui hanno creato un manifesto fatto di 1.700 fotocopie in A3, presentato in piazza. Abbiamo utilizzato l’aula magna della biblioteca dell’Alma Mater per l’esposizione delle sagome di Zaki con l’obiettivo di spostarle nelle aule studio per dare il segnale agli studenti che Patrick fosse proprio uno di loro e che, come a lui, potrebbe succedere a chiunque.

La sagoma è divenuta oggetto simbolo di questa campagna: le persone hanno incominciato a stamparsela da soli, appendendola sui balconi, esponendola nelle vetrine dei negozi. La abbiamo portata nei concerti, nelle città, nei festival, in qualsiasi posto perché fosse riconoscibile da tutti. È diventato un simbolo importante.

L’ultima cosa che abbiamo fatto è l’aquilone che per quanto possa sembrare una cosa semplice in realtà non lo è: in Egitto gli aquiloni sono vietati perché il loro utilizzo viene accusato di spionaggio. In collaborazione col Festival degli Aquiloni di Cervia ne abbiamo realizzato uno e l’abbiamo fatto volare come simbolo di una futura libertà di Zaki.

 

Isabella Bordoni ha poi concluso:

Il caso di Zaki ci fa attraversare la tematica dei diritti umani in maniera trasversale: è la punta dell’iceberg di un mondo molto più sommerso. Si è creata una catena di sensibilità a cui non si può rimanere indifferenti, nata con Giulio Regeni. Per questo, tutto quello che si può fare, artisticamente parlando, lo stiamo facendo.

Gianluca ci insegna che questi gesti simbolici sono presidi civici perché l’attenzione costante che arriva al di là dei confini, in questo caso del governo egiziano, ha il potere e la possibilità di logorare quella tenuta di controllo.

Le due figure di Alessandro Leogrande e Alexander Langer sono quelle che io chiamo non maestre ma esemplari perché non sono intrise di misticismo ma indicano una strada imitabile, non gerarchica né inattingibile, per spendersi, pensiero e corpo, dentro le vicende umane davanti a cui la storia ci pone.